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16 décembre 2009 3 16 /12 /décembre /2009 20:03

Carissimi amici,

Il calore del Natale come ogni anno allieta le nostre famiglie in ogni parte del mondo, anche se in questo, hanno tutti  in qualche modo, dovuto impegnarsi nel cambiare lo stile di vita  a causa della crisi economica che ha riguardato un po’ tutti i pae13334_188742037406_683047406_3475273_2107626_n.jpgsi del mondo.

La nostra comunità che vive nel Libano è rimasta come sentinella a vegliare insieme a Gesù. Noi con la sua presenza riusciamo ancora a credere che per noi e per l'umanità intera si possa vivere una pace duratura non solo per il nostro paese ma per tutti coloro che oggi sono costretti a vivere nella guerra.

Noi siamo consapevoli, come questo stato delle cose non ci permette di fare grandi progetti per il futuro, ci rallegra sapere che ogni tanto nel mondo ci sono gesti di solidarietà e comprensione dei nostri fratelli sparsi per il mondo.

Tra questi ci siete pure voi che ho incontrato in momenti speciali  al quale ho narrato le mie preoccupazioni, le mie incertezze per mandare avanti i progetti di servizio sociale, educativo e religioso per i nostri ragazzi.

Da voi ho sempre ricevuto molto. Quello che riesco a risolvere quotidianamente è grazie anche al vostro impegno.

Nella nostra comunità  in questo anno abbiamo ricevuto visite, dall' Italia, dalla Germania, dalla Francia… la presenza dei nostri amici da tutto il mondo ci ha incoraggiato molto.13334_188742042406_683047406_3475274_6657144_n.jpg

Desideriamo ricordare tutti con affetto e riconoscenza in questo momento dove la presenza di Gesù insieme ai suoi angeli ci fa sentire che apparteniamo ad una unica chiesa cristiana, ad un unico mondo umano.

In questo anno desideriamo che la nostra amicizia  sia consolidata, la nostra casa come quella di Betlemme e sempre aperta per ognuno di voi per scambiare idee ed esperienze. Tutti noi sappiamo che Gesù ci ha insegnato a condividere lo stesso pane e lo stesso vino.

Gesu con la sua presenza può aiutare i nostri cuori a superare le divisioni e incomprensioni, Gesu può consolare chi in questo anno ha dovuto affrontare difficoltà economiche , lutti, difficoltà familiari...

Sono consapevole che la vita riserva molti inconvenienti, ma la forza della preghiera e della fede sicuramente può sostenere nelle difficoltà.

Questo sentimento sostiene anche  noi  che dobbiamo ogni giorno intraprendere azioni di grande fede per portare avanti le nostre opere.

Il Natale di Gesu è un grande giorno per tutta la cristianità, e per tutta l'umanità, è un giorno di luce e di gioia. Siamo felici di condividere con voi questo momento grandioso della nostra  fede.

Mi permetto di raccontarvi un po’  nostre attività dell'anno passato:

Quando sono arrivato al centro St Sauveur due anni fa, verso la fine di Novembre 2007, come in questi giorni, c'erano nella scuola 160 allievi. L'ultima classe (la terminale) fu chiusa, i problemi erano tanti soprattutto quelli economici, e c'era il pericolo di chiudere il centro. Chiudere il centro e la scuola voleva dire un colpo duro per la zona e per tutti i cristiani in una regione che lotta per riprendere la vita ed il ritorno dei rifugiati.

Ora, novembre 2009, gli allievi sono 220, la classe terminale è di nuovo aperta. Siamo in un combattimento contro i problemi economici. Riusciamo a continuare grazie al sostegno degli amici. Il progresso che abbiamo fatto e il numero più grande dei bambini che possiamo ora aiutare è il frutto della collaborazione di alcuni organismi

Uno dei progetti futuri che stiamo organizzando, grazie anche all'impegno dell'associazione culturale Mameli 7, e quello di  aprire un Centro Sanitario di primo soccorso per la regione che dovrà coprire i bisogni dei bambini e della popolazione locale. Tutti possono contribuire per quello che possono alle finalità del progetto.

Altre notizie dell'anno passato sono da vedere sul sito: http://amitiepartout.over-blog.com/

Per ora vi faccio i miei auguri per un Natale pieno di gioia e di pace, e un anno pieno di successo.

Che il Signore vi benedica

P abdo RAAD

 

Fur contact oder collaboration:

P. Abdo. RAAD, Tél 00961.3.665012, E-mail: abdoraad@yahoo.com, B.P. 22 Zahlé, Liban

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16 décembre 2009 3 16 /12 /décembre /2009 18:01

 

Liebe Freunde

wie jedes Jahr bringt die Weihnachtsfreude Wärme in Familien auf der ganzen Welt, auch wenn für alle irgendwie eine Veränderung der Lebensweise stattgefunden hat. Wegen der wirtschaftlich13334_188722497406_683047406_3475201_5611718_n.jpgen Krise, die ein wenig alle Länder erfasst hat, ist Engagement für diese Länder wichtiger denn je.

Unsere Gemeinschaft hier im Libanon wird unter der Anwesenheit Jesus bewacht. wir glauben, dass für uns und für die ganze Menschheit ein dauerhafter Frieden möglich ist. Nicht nur für unser Land, sondern für alle Menschen - vor allem diejenigen, die noch immer gezwungen sind, im Krieg zu leben.

Wir sind uns bewusst, dass dieser Zustand es uns nicht ermöglicht, große Pläne für die Zukunft zu machen. Trotzdem freuen wir uns, zu wissen, dass es manchmal in der Welt Gesten der Solidarität und des Verständnisses für unsere Brüder in der ganzen Welt gibt.

Unter diesen Brüdern sind auch Sie, denen ich in besonderen Momenten meine Bedenken, meine Unsicherheiten und Fragen zugesandt habe. Durch solche Fragen haben sich viele Wünsche für Projekte der sozialen Dienstleistungen, Bildungs-, und religiösen Stätten für unsere Kinder erfüllt.

Ich habe immer viele Tipps von Ihnen erhalten, womit ich für jeden neuen Tag neue Lösungen gefunden habe, sowie auch durch Ihr Engagement.

In unserer Gemeinschaft bekamen wir in diesem Jahr Besuch aus Deutschland, Italien, Frankreich… das Vorhandensein unserer Freunde ermutigt uns sehr.

Wir wünschen euch allen mit Zuneigung und Dankbarkeit, dass ihr euch an diese Augenblicke erinnern möget, in denen die Gegenwart Jesu mit seinen Engeln uns das Gefühl gibt, dass wir nur einer einzigen christlichen Kirche angehören und zu einer einzigen menschlichen Welt.

In diesem Jahr wollen wir unsere Freundschaft stärken. Unser Haus wie Bethlehem ist immer offen für alle von Ihnen zum Austausch von Ideen und Erfahrungen. Wie wir von Jesus gelernt haben, das gleiche Brot und den gleichen Wein zu teilen.

Jesus hilft uns mit seiner Anwesenheit Spaltungen unseren Herzen und Missverständnisse zu überwinden, Jesus kann uns erfreuen trotz wirtschaftlicher Schwierigkeiten, Trauer, familiärer Schwierigkeiten uns alles womit wir in diesem Jahr konfrontiert wurden...

Ich bin mir bewusst, dass das Leben auch viele Nachteile mit sich bringt, aber die Kraft des Gebets und des Glaubens kann sicherlich bei der Überwindung dieser Schwierigkeiten helfen.

Dieses Gefühl macht ferner geltend, dass wir Maßnahmen ergreifen müssen jeden Tag mit großem Glauben unsere Werke zu tragen.

Die Geburt Jesu ist ein großer Tag für die ganze Christenheit, und für die ganze Menschheit, ist ein Tag des Lichtes und der Freude. Wir freuen uns, gemeinsam mit Ihnen über diesem großen Moment unseres Glaubens.

Lassen Sie mich Ihnen ein wenig von unsere Aktivitäten im vergangenen Jahr erzählen:

Bei meiner Ankunft in St. Sauveur-Center vor zwei Jahren, gegen Ende November 2007, ungefähr wie in diesen Tagen, gab es 160 Schüler in der Schule. Die letzte Klasse (Terminal) wurde wegen vieler Probleme, vor allem ökonomischer Natur geschlossen und es bestand die Gefahr der Schließung des ganzen Zentrums. Die Schließung des Zentrums und der Schule wäre ein Schlag für die Region und für alle Christen in einer Region gewesen. Sie hätten ihr Leben neu anfangen müssen und kämpfen müssen wie nach der Rückkehr der Flüchtlinge.

Jetzt, im November 2009, sind es 220 Schüler und eine Klasse eines neuen Terminals wird geöffnet. Wir befinden uns in einem Kampf gegen die wirtschaftlichen Probleme. Wir hoffen auch weiterhin auf Unterstützung von unseren Freunden. Die Fortschritte, die wir gemacht haben und die größte Zahl der Kinder, denen wir nun helfen können, ist das Ergebnis der Zusammenarbeit von einigen Organisationen und Freunden. Sie ermöglicht uns, Aktivitäten für Kinder zu

 

 organisieren und etwas Hilfe in ihrer Schulzeit.

Ein zukünftiges Projekt, dass wir organisieren, ist die Eröffnung eines Erste-Hilfe Health Center für die Region, die die  Bedürfnissen von Kindern und der lokalen Bevölkerung abdecken soll. Jeder kann bei der Realisierung des Projektes etwas beitragen.

Unsere Nachrichten können Sie sehen an:  http://amitiepartout.over-blog.com/

Denn jetzt, verbleibe ich mit meinen besten Wünsche für ein Weihnachten voll von Freude und Frieden und ein Jahr voller Erfolg.
Der Herr segne euch

Pater Abdo RAAD

 

For contact or collaboration:

P. Abdo. RAAD, Tél 00961.3.665012, E-mail: abdoraad@yahoo.com, B.P. 22 Zahlé, Liban

 

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9 décembre 2009 3 09 /12 /décembre /2009 23:19

Mercoledì 26 agosto

 

Sana Helua Ya Gamil

Sana Helua Ya Gamil

Sana Helua Ylenia (sostituibile con habibi: amore/tesoro)

Sana Helua Ya Gamil

 

Tanti Auguri in arabo!! Un asso nella manica per i compleanni delle persone care ;)

Per chi non lo avesse capito adoro festeggiare, qualsiasi cosa.. dal primo all’ultimo esame, dal nuovo comodino alla partenza per le vacanze.

Potete immaginare il giorno del compleanno. Solitamente i festeggiamenti partono alla mezzanotte del giorno prima e durano almeno per un paio di settimane, questo anche grazie al fatto che li compio a fine agosto, periodo in cui tutti sono sparsi in diverse parti del globo a godersi le vacanze.

 

Sono 31. Non mi spaventano. Soprattutto considerando che nel mio caso l’età anagrafica non corrisponde esattamente a quella reale.. fortunatamente. Credo.

 

Oggi è previsto l’arrivo di alcuni dei bambini ospitati nel Centro di Saint Sauveur nel corso dell’anno. Sono felice del loro arrivo.. e un po’ emozionata, preoccupata per ciò che sarò chiamata a fare.

Nonostante io lavori per i bambini il mio rapporto con i più piccoli parte sempre con molta calma, circospezione, discrezione e rispetto. Il mio essere estroversa muta inspiegabilmente quando si tratta di dialogare con i bambini.

Puntualmente sono loro a mostrarmi che è sempre tutto più semplice e naturale di quello che sembra. Più piccoli sono e più questa abilità in loro è spiccata. Hanno una sorta di talento, che molti a mio parere perdono con il tempo. Io per prima.

 

Oggi non mi punto la sveglia. L’abitudine in casa Danini il giorno del compleanno mio e di mio fratello è che il festeggiato o la festeggiata non devono fare niente, non hanno obblighi, sono in poche parole il re e la regina della giornata. Una bella e sana abitudine, che abbiamo cercato, non in vano, di trasferire anche ai nostri genitori.

 

Mi sveglio incomprensibilmente alle 7. Mi riaddormento.

Alle 10 mi sveglia una telefonata di Nawal: dice che c’è una persona dall’Italia che vuole vedermi. Inizia a battermi il cuore. Penso alla mia sis’, impossibile. A altre persone care che potevano trovarsi nei paraggi, no mi veniva in mente nessuno. Infatti si trattava semplicemente di un ragazzo di Milano tre che stava visitando insieme a un’amica drusa il convento e, saputo che c’era un’italiana, ha chiesto di poterla incontrare.

Era da poco a Beirut. Aveva affittato una macchina e avrebbe girato da solo il Libano per le due settimane successivo. Bravo!

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Mentre chiacchieriamo si avvicina Padre Rabih e mi chiede la cortesia di raggiungerlo per fare una chiacchierata con i seminaristi in merito ai costumi e le abitudini italiane.

Finisco la chiacchierata e entro nella classe dove stanno facendo lezione i ragazzi. Vengo accolta con un “Bonjour Mademoiselle”. Che imbarazzo.

Inizia il giro di tavolo. Ognuno parla di sé, del motivo per cui è lì, dei pensieri in merito al seminario. La maggior parte ha già frequentato il seminario l’anno precedente e lo sceglie come modo per capire cosa desidera fare nel proprio futuro. Hanno tra i 14 e i 17 anni, sono molto simpatici e curiosi in merito al rapporto uomo-donna in Italia, molto diverso e più libero rispetto a ciò che dettano i costumi e le tradizioni in Libano, ma anche in alcune parti d’Italia.

Alla fine della piacevolissima chiacchiera alcuni di loro mi lasciano un disegno: quasi tutti rappresentano croci e simboli religiosi. Molto strano, diverso da ciò che mi sarei aspettata.

 

Arrivano i bambini. Conosco Rita, la persona che segue il gruppo al Foyer de l’Amitié. Parliamo dei bambini, le chiedo le loro storie, la loro età (dai 6 ai 13 anni), le sue esperienze al Foyer dove lavora da 17 anni. Mi racconta di quanto Padre Abdo abbia fatto per la struttura, per i bambini ospitati.

 

Si pranza e iniziano le prime chiacchiere con i bambini. Sono molto curiosi e alcuni davvero simpatici. Le piccoline sono dolcissime. Miriam, la più piccola mi colpisce subito per la sua pacatezza, il suo modo di parlare calmo e cadenzato.

 

Finito il pranzo lascio Rita con Abuna Abdo e esco nel piazzale sul retro dove i Padri organizzano una serie di giochi d’acqua per e con i bambini e i seminaristi. Sono un grande e bel gruppo.

Padre Abdo ci raggiunge e mi informa che Rita dovrà tornare a casa perché sua madre è finita al pronto soccorso dopo una caduta. Niente di grave ma è costretta a tornare e a detta di Abuna, a lasciare i bambini sotto la mia responsabilità. Questa frase, questo compito mi irrigidiscono e ho una reazione poco tranquilla con Padre Abdo che si rende conto della mia preoccupazione e mi rassicura dicendomi che ci saranno anche i Padri al mio fianco. Mi sento meglio e mi rendo conto di quanto quest’uomo ogni giorno mi riservi sorprese e piccoli grandi sfide. Grazie.

 

Mi faccio coinvolgere nei giochi e mi becco anch’io la mia dose d’acqua: per l’esattezza sono costretta a cambiarmi considerando che ogni tipo di indumento indossato era completamente bagnato.

Torno mentre i ragazzi si sfidano in una partita a basket. Si distinguono Jessy, una ragazzina molto carina e super sportiva, e Nicolas, un ragazzino che ricorda molto il tipico galletto del gruppo.

 

Miriam mi si avvicina. Parla solo arabo arricchito ogni tanto da un paio di mots francais. È davvero dolcissima, cerchiamo di comunicare anche a gesti, si appoggia a me e si lascia abbracciare.

Ogni tanto mi chiedo se sentirò mai un desiderio di maternità e in questi momenti penso che sì, arriverà. Le faccio le trecce e lo stesso fa Nawal con i miei capelli. Siamo un trio perfetto.

 

Il cielo inizia a perdere i toni accesi del tramonto e veniamo chiamati per la cena.

Mentre siamo a tavola Botros, il mio cuoco preferito, mi chiama. C’è una persona al telefono per me.

La mia sis’. Mi manca, come sempre. Quando sono lontana e vivo posti, persone, emozioni nuove, mi viene sempre in mente lei. Ho condiviso così tanto con lei negli ultimi anni che è automatico voler condividere anche questi momenti, queste persone. Parliamo per quasi un’ora: un bellissimo regalo di compleanno.

Si cena e poi mi preparo per la sera. In realtà faccio ben poco. Penso ai dolci che ho preso il giorno prima. Abuna Abdo si è occupato del bere.

 

La serata è un escalation di emozioni. I giochi con i gavettoni gonfiati personalmente con l’aiuto di Lara e Nawal, creano colore alla serataMon anniversaire low di danze, regali, discorsi e auguri alla festeggiata che non manca di interrompere i suoi ringraziamenti a tutti presenti con i singhiozzi e il pianto.

 

Ma la serata non finisce con la festa, alla quale partecipano tutte le persone care conosciute fino a quel giorno, tranne Elham che all’ultimo non è potuta venire.

Abuna Abdo ha in serbo per me una nuova lezione: passare la notte nel dormitorio per badare ai bambini e ragazzi. Affiancata da Nawal, un vero carabiniere, passa la prima mezz’ora. Momento in cui approfitto per dare l’abbraccio della buona notte alla piccola dolce Miriam.

Mi raggiunge Odha che per sua fortuna dopo qualche minuto si addormenta. Le due ore seguenti sono costellate di miei richiami e suppliche ai ragazzi che ormai non badano nemmeno al fatto che sono presente e che vorrei dormire considerando che la notte seguente ho il volo per l’Italia.

Alle 2 di notte mi alzo. Dispiaciutissima di doverla svegliare e soprattutto di doverla lasciare sola, avviso Odha che vado a dormire nella mia stanza. Una piccola sconfitta, senza dubbio ho ancora molto da imparare.

 

È stata una bellissima festa, con tanto di teatro, spumante, desiderio espresso mentre spegnevo le mie 31 candeline.

Ringrazio tutti per avermi regalato tempo, sorrisi, ascolto, disegni, pensieri.

Ringrazio Padre Abdo per avermi accolto come fossi parte della famiglia da sempre.

Partirò senza alcun dubbio molto più ricca di quando sono arrivata. SHUKRAN.

 

Giovedì 27 agosto

Mi sveglio con il mal di testa. Ottimo.

È il mio ultimo giorno in Libano. In programma la visita alla riserva dei Cedri nel Monte Chouf, ne sono felicissima! Anche se non so esattamente come mi rapporterò con i ragazzini che mi hanno fatto passare la notte insonne.

A volte penso di non essere abbastanza matura per rapportarmi con loro. La mia parte materna non è ancora abbastanza sviluppata per rispondere nel modo corretto alla loro parte bambina. Dev’essere questo il mio ostacolo.

 

Partiamo in direzione riserva, in compagnia di Padre Michael, ragazzo 29enne con la passione per la cultura Les cedres loworientale e amatissimo da tutti i bambini per la sua perfetta imitazione di Paperino.

Passiamo il viaggio a chiacchierare del suo desiderio di viaggiare e conoscere l’Oriente, grande passione coltivata anche attraverso lo studio delle lingue orientali.

 

Arrivati alla riserva ci si prende tutti per mano e si fa un piccolo tour. Si scatta qualche foto. Mi rendo conto che i più casinisti sono distrutti, dormono sul pulmino, sono taciturni. Mi viene da sorridere. Sono stata così anch’io. Ieri sera l’ho dimenticato.

Dalla riserva partiamo in direzione Valle della Bekaa dove riporteremo i bambini alle loro famiglie.

Torniamo a Saint Sauveur. Ritrovo in cucina Padre Abdo, Odha, Enham e le mie due sorelle libanesi, Lara e Nawal. Chiacchieriamo, ci prendiamo in giro, ridiamo. Che bello.

 

Il vento. Le mie riflessioni. La doccia. La valigia.

Saluto le donne del Centro. Saluto il timido e generoso Padre Soheil.

Salgo in macchina con Padre Abdo. Sono le 17:00 e conosco solo la direzione finale: aeroporto per il volo delle 4 del mattino. Mi sfugge il programma che anticiperà quel momento.

 

Qualche indizio lo ricevo una volta in viaggio. Passeremo da due amiche sorelle di Abuna Abdo e poi vedremo sua sorella.

 

Questo si traduce nella visita di queste due donne meravigliose: sorelle, estroverse, spumeggianti, simpatiche, amanti dei viaggi che fanno sempre insieme come molte altre cose.

Spero di frequentarle la prossima volta che sarò in Libano.

 

Vengono con noi, ma non so ancora dove. Penso di trovare la risposta quando arriviamo in casa della sorella maggiore di Padre Abdo. Ma mi sbaglio. Siamo lì e ci muoviamo solo quando arrivano le due nipoti di Abuna, che studiano a Beirut ma che verranno con noi dalla sorella minore di Padre Abdo, che immagino viva alla fine dei mille tornanti e dell’ora e mezza passata in macchina con una meravigliosa ciurma di sole ladies: Padre Abdo come sempre beato fra le donne!

 

In questo viaggio prendo il mio unico vero spavento. Vedo una 4x4 praticamente entrarmi sul fianco, lancio un urlo, ma come si può facilmente immaginare sono l’unica ad essere preoccupata.

Ho quasi sentito il rumore del cofano di questo SUV mentre entrava nella portiera alla quale ero appoggiata e la reazione dei miei compagni di viaggio è stata un’unica frase “cosa vuoi farci è il Libano, non sanno guidare”.

 

Arriviamo a casa della sorella minore e del cognato di Padre Abdo. Ci offrono una cena meravigliosa, infinita,La famille de Abuna Abdo deliziosa. Tento di trattenermi considerando che mi aspetta l’aereo in nottata. Le nipoti, il nipote appena rientrato dagli States, le due sorelle, la madre di Abuna e la sua famiglia sono meravigliosi. Una fortuna conoscerli, ridere e parlare con loro.

Ormai riesco anche a capire qualcosa di arabo quindi quando non parlano francese o inglese riesco a non perdere il filo. Viva!

 

Un dolce delizioso acquistato dalle due spumeggianti sorelle, una tisana digestiva e l’arghilè chiudono la splendida serata in loro compagnia e anticipano il mio ultimo viaggio libanese in compagnia di Padre Abdo. Direzione aeroporto.

Dopo aver lasciato le due sorelle e i nipoti nelle rispettive case nella capitale rimaniamo in macchina io e Abuna. Cerco di tirare le fila di questo periodo. Di capire cosa ne pensa delle mie tre settimane lì, come valuta questa esperienza, me. È positivo e pacato. Vengono fuori tanti progetti: turismo solidale, progetti per ong italiane e l’idea che il mio periodo è stato di volontariato ibrido, diciamo un volontariato-turistico.

Gli parlo delle mie sensazioni e del mio desiderio di tornare.

 

Arriviamo in aeroporto. Un abbraccio anticipa l’arrivederci e le sue raccomandazioni. Mi mancherà un sacco. Mi manca già.

 

Entro in aeroporto un’ora in anticipo. Inizio ad informarmi e nessuno sa darmi indicazioni del gate o della zona check-in per i voli TAROM. Chiedo persino alla commessa di un negozio. Niente. Quasi disperata sto per salutarla e un ragazzo mi spiega che devo recarmi a qualsiasi dei check-in, ma che mi accompagna. Lo ringrazio e gli dico che non voglio disturbarlo, se può solo dirmi dove andare. Forse ci rimane un po’ male, ma mi dice dove andare. Seguo il consiglio e me lo ritrovo dietro in coda. Lo ringrazio e ci separiamo dopo poco.

Raggiungo la mia fila e presto sono sul volo che mi porterà in Romania, aeroporto e gente poco ospitale. Mi chiedono di aspettare al trasfer senza spiegarmi ne come ne perché. Dopo una buona mezz’ora arriva l’hostess Alitalia che mi spiega il misunderstanding e mi fa fare il transfer.

Saluto Bucarest e mi addormento sul volo per Linate.

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30 novembre 2009 1 30 /11 /novembre /2009 22:03
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25 novembre 2009 3 25 /11 /novembre /2009 20:25

Martedì 25 agosto


Alle 6 del mattino suona la sveglia.

Si prospetta una giornata lunga tra Tripoli e Byblos.
Arriva George, il cugino di Lara tassista abusivo che ogni mattina porta le persone tra Due Grappoli (il paese di Lara) e Beirut.
Guardo all’interno della monovolume con cui passa chez Lara e l’età media si aggira intorno ai 70 anni, considerando che con i miei 30 la abbasso parecchio. Destinazione Charles Helou, stazione dei bus dove prenderò il bus per Tripoli e dopo un giro della città mi spingerò fino a Byblos.


Io, la mia borsa e il mio cappello da turista saliamo sul Tripoli Express che in 2 ore circa mi porta a
Tripoli. Scendo, percorro qualche strada in cerca di un posto in cui poter fare una buona colazione. Mi fermo in una pasticceria. Chiedo alcuni baklava e una paio di ciò che sembravano essere piccole pan cakes. Mi arriva tutto ricoperto di panna montata, non esattamente quello che mi aspettavo. Comunque, separata la panna dal solido addento baklava e simil pan cakes. In questo posto si gela e la notte passata con il ventilatore acceso ha già influito a sufficienza sullo stato di salute della mia gola. Cerco la grande Moschea, la Torre dell’Orologio, gli hammam. Tripoli non mi rimane molto nel cuore.

Il mio tour di quella che dicono essere rimasta la città più araba del Libano, si conclude più o meno dopo 2 ore e, soprattutto, dopo l’acquisto di un paio di sandali moooooooolto carini, per sole 12 euro. Un affare insomma.

Cerco un service che mi porti a Byblos, inutile dire che le sole cose che capisco sono Jbeil e Trablos (rispettivamente Byblos e Tripoli in arabo). Chiedo la seconda, mi indicano un furgoncino. Ci salgo. Chiedo conferma che sia per Jbeil, la ricevo.

Un ragazzo mi parla in arabo, gli dico che purtroppo non capisco e che parlo inglese o francese, ma niente. Arriva in soccorso un altro ragazzo, direi un ragazzone a dire dalla stazza. Lui si chiama Stephane, vive a Batroun e si è recato a Tripoli per lavoro.

Quando gli dico che sono in giro da sola per conoscere un po’ il Libano mi guarda come se fossi pazza e mi chiede “e perché sei venuta proprio a Tripoli?”.. Mi sembra scontato, si tratta di una delle mete più importanti nel Libano, ecco perché. Mi dice che Tripoli in realtà non ha niente di particolarmente interessante, confermando i miei sospetti.

Arrivo a Byblos o Jbeil che dir si voglia.

Faccio un paio di strade in cerca dei suk. Li trovo. Molto carini anche se completamente ristrutturati. Sembra tutto un po’ finto, ma rimane comunque un suk delizioso in cui prendo un paio di orecchini in argento.

Uscita dai suk faccio un giro nel sito archeologico: non potevo scegliere momento più caldo quindi accorcio il tour e sgattaiolo fuori dopo un'ora.

 

Cerco il piccolo porto di cui parla la guida. Mi fermo sotto l’ombra di un albero visto che è l’una e il sole picchia. Si fermano di fianco a me tre ragazzi in cerca di qualcosa. Capisco che cosa quando li sento parlare in italiano: il Porto. Per principio non amo parlare, approcciare italiani all’estero, ma in questo caso la meta è comune quindi chiedo a loro. Non lo sanno.

Guardo meglio la guida, chiedo ad una donna che mi indica la strada. Informo anche i tre pischelli italiani: non sono particolarmente simpatici e sociali quindi niente chiacchiere. Ci separiamo.

Arrivo al porto, niente di emozionante. Torno indietro e trovo ciò che desideravo da tempo, in particolare dal giorno in cui mi sono trovata sotto il sole dalle 13:00 alle 14:30, senza alcun ombrellone e con il mare caldo come unica soluzione per evitare ustione e insolazione fulminante. Una spiaggetta deliziosa, poco frequentata, un baretto proprio sulla battigia.

Perfetto per riposarmi, per scrivere, pensare ai best & worst del mio ultimo giorno da 30enne. Questa è una tradizione che abbiamo inaugurato qualche anno fa io e la mia sis’: il giorno prima del compleanno segniamo massimo 10 best e 10 worst dell’anno passato. Diversamente da capodanno, quando oltre ai B&W scriviamo anche i “wish” per l’anno seguente.

Un giorno li leggerò e vedrò quanto di ciò che mi ero promessa ho poi portato a compimento. Un buon impegno verso me stessa, la mia vita.

Scendo nella spiaggetta di ghiaia, raggiungo il mare. Indietreggio e mi siedo a un tavolino del fantastico baretto. Scrivo, penso a me in Senegal l’anno prima, a tante cose. Sono felice, di essere lì, di vivere questa esperienza, di crescere. In questi momenti la mia sis' è sempre al mio fianco, nei miei pensieri.

Dopo un paio d’ore in cui osservo il mare, mi rilasso, scrivo, bevo un po’ d’acqua e mangio un pacchetto di patatine, mi allontano ringraziando questa spiaggia per ciò che mi ha regalato.

Raggiungo la route principale e chiedo al ragazzo che aspetta se lì passava il service per Beirut.

Ebbene si. Saliamo.

Ero d’accordo con Jessica che le avrei fatto sapere in caso fossi ripassata da Beirut prima della partenza. La chiamo, rimaniamo d’accordo che passo dal suo ufficio per un saluto.

Jessica si occupa di un progetto dedicato alle donne e alla tutela dei loro diritti in caso di violenza. Lavora presso gli uffici di una ong della capitale, ma soprattutto nel centro che ha sede nella Valle della Bekaa. Parliamo di molto cose: Israele, Islam, ruolo della donna..

Le sue idee mi aiutano ad avere una visione un pochino più ampia della realtà libanese. Ci lasciamo i rispettivi contatti e ci ripromettiamo un aperitivo nella mondana Milano una volta che sarà tornata, forse per Natale.

Chiamo Padre Abdo per avvisarlo che lo aspetterò alla pasticceria La Gondoline sulla strada tra Beirut e Saida.

Arriva con Nawal al fianco che come sempre mi accoglie con un grande sorriso. È iniziato il ramadam da qualche giorno e alle 7 di sera non c’è in giro nessuno. Credo sia anche grazie a questo che Padre Abdo mi propone di guidare la sua 4X4. Gli avevo fatto promettere di farmela guidare prima della partenza e quello era il momento giusto, nessuna macchina, ultimo giorno da trentenne. Perfetto!

Guido con disinvoltura e ricevo i complimenti dei co-piloti.

Che bello, la prossima volta prenderò sicuramente una car è un modo perfetto per vivere, conoscere, esplorare.

Tutta galvanizzata arrivo al Centro. Lì mi accolgono i padri e con loro, Abuna Abdo e Nawal mi riprometto di festeggiare il mio Bday alla mezzanotte a base di arak.

La mezzanotte arriva, si brinda, si fanno foto e chiama la mia famiglia: presenti, puntuali, precisi, una sicurezza.. AUGURI!

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14 novembre 2009 6 14 /11 /novembre /2009 19:16

Sabato 22, Domenica 23 e Lunedì 24 agosto

 

Oggi dovrei incontrare Jessica, la ragazza che in Italia abita a 10 km da casa mia e che non ho mai incontrato.

La chiamo. Rimaniamo d’accordo di vederci a Beirut.

Scrivo pigra sul blog. Desiderosa di fare qualcosa di nuovo, diverso. Come accade qui ogni giorno.

Arriva il pomeriggio. Chiedo ad Abuna Abdo un passaggio verso Saida per poter raggiungere la capitale con i mezzi. Mi lascia sulla lunga strada che costeggia il mare. Da lì prendo il bus che mi porta in Place de l’Etoile a Saida dove trovo il bus per Beirut- Cola.

Arrivata a destinazione chiamo Jessica. Arriva su una macchina nuova.. una Ford se non sbaglio. Si districa perfettamente nel traffico lanciando ogni tanto un incoraggiamento (se così vogliamo chiamarlo) in perfetto arabo. Ebbene si, parla arabo. Affascinante..

Dopo 5 anni passati in Egitto odia gli egiziani. Non prevedeva un futuro nella cooperazione internazionale quando ha studiato lingue arabe a Venezia, ma tant’è! Si laurea proprio con una tesi scritta in Libano e da lì Egitto, Malawi e ancora Libano.

Mi chiede dove voglio andare, quale parte di Beirut voglio vedere..

In realtà il mio programma per il week end erano Tripoli e Byblos, ma per eventi non dipendenti dalla sottoscritta sono saltati. Va bene così.

Le parlo delle parti viste velocemente e decide che sarebbe carino fermarsi nella zona “pettinata”: Ghemmaise.

Lì prendiamo un ottimo aperitivo. Le arachidi e gli anacardi sono buoni, li preferisco alle carote che assaggio e lascio alla mia compagna di aperitivo.

Parliamo di tante cose. Dal ruolo della donna all’Islam. Dall’abitudine delle donne libanesi di indossare tacchi vertiginosi con i quali si spostano solo dalla macchina al locale e ritorno. Dalla sua esperienza araba alla mia africana.

Interessante.

Da lì a breve sarebbe arrivata una sua collega romana in missione per la prima volta. Quindi dopo la chiacchierata controlla che sia arrivata a destinazione (arrivata) e ci avviamo verso il dormitorio in cui è stata lei la prima volta che è venuta in Libano.

Appena uscita dal locale sento un po’ di nausea.. se dovessi pensare ora a cosa fosse rivolta quella sensazione non possono che venirmi in mente le arachidi. Non le mangerò per molto tempo..

La sensazione se possibile peggiora quando in macchina mi accompagna al bus per Saida. Una volta salita mi sento più tranquilla di fianco al finestrino, affacciata al quale passo tutto il viaggio pronta a lasciare le arachidi indigeste per strada. Nonostante io mi sia sentita più volte vicina al farlo.. non è avvenuto. Bene.

 

Arrivo in Place de l’Etoile. Ora mi tocca contrattare : peccato che non conosco l’arabo! E così mi fermo, parlo in francese con un ragazzo vicino a un taxi, che a sua volta chiama un amico che forse capisce il francese, che a sua volta chiama amici che forse capiscono meglio di lui. Ebbene in 5 minuti mi ritrovo a parlare metà francese e metà arabo con una decida di persone.

Divertente!

I due ragazzi giovani che messi insieme riescono a comunicare con me mi sparano un prezzo. Chiamo Padre Abdo per consigli. Lui parla con loro. E così sia: 25.000 LL per il tragitto da Saida a Saint Sauveur!

A metà strada il conducente scende.. non nascono la mia angoscia, ma si tratta solo di un cambio perché l’altro conosce meglio la strada. Prima di arrivare al centro ricevo una proposta non particolarmente galante dal primo conducente: un ragazzone di 24 anni. Spiritoso e anche parecchio audace. Li saluto sorridendo e dimenticandomi quasi di dover pagare.

Arrivo stremata e affaticata al mio letto.

La notte è decisamente travagliata…

 

…e la domenica prosegue nello stesso modo. Niente Byblos né tanto meno Tripoli.

Grazie agli arachidi non posso nemmeno allontanarmi dalla stanza.

Sento Jessica, gentilissima che si preoccupa del mio stato. La rassicuro prima di espellere l’ultimo grammo di liquido rimastomi in corpo.

 

Solo nel tardo pomeriggio mi riprendo.

Scopro che il matrimonio di cui ho vissuto l’addio al nubilato è proprio nel Convento di Saint Sauveur.

Ce la posso fare. Esco. Visito il Convento che non avevo mai visto. Assisto al matrimonio. Alla cerimonia tenuta da Padre Abdo e altri due suoi colleghi.

In chiesa fa troppo freddo, meglio uscire.

Mi godo il tramonto osservando le donne agghindate come principesse, non particolarmente sobrie.

 

La sera trascorre tra giochi e discussioni di gruppo con i seminaristi e un campo estivo che si fermerà solo per tre giorni.

Bonne nuit.

 

Oggi, lunedì 24 agosto è il 26° compleanno di mio fratello. Credo sia la persona della famiglia che mi manca di più quando sono in viaggio. Nel tempo il nostro rapporto è migliorato, cresciuto. Ora è insostituibile. Provo per lui un affetto infinito e ringrazio i miei genitori per avermi donato un “petit” frère come lui. Auguri Flavio, je t'aime beaucoup.

 

Oggi potenzialmente sono pronta per Tripoli e Byblos. Aspetto di sapere se c’è qualcuno che si reca a Saida o almeno può potarmi sulla strada.. niente ahimè.

Dopo due giorni ferma in stato semi-comatoso sento la necessità di muovermi. Così mi metto d’accordo con Lara. Passerò la serata chez elle e la mattina partirò per le mie tanto agogniate mete.

Con Lara e sua madre facciamo un giro per Saida alla ricerca del corredo per il matrimonio.. Stanche torniamo a casa dove trovo il mio piccolo habibi: Antonio. Adorabile.

 

Aspettiamo Fadi che purtroppo è ancora in giro per riparare la macchina. Nell’attesa andiamo da un’amica di Lara e fumiamo l’arghilé, bene!

 

La serata passa molto tranquilla. Siamo solo io e Lara, ce la chiacchieriamo e finiamo a dormire molto presto. La sveglia è alle 6:30 del mattino. Direzione: Tripoli e Byblos! Viva!

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14 octobre 2009 3 14 /10 /octobre /2009 22:52

Venerdì 21 agosto

 

Le coincidenze esistono? O sono semplicemente i piani stabiliti dalla vita che abbiamo scelto di imparare quando da lassù abbiamo scelto di essere ciò che siamo oggi qui giù?

Una domanda troppo ampia per una piccola, ma molto piacevole coincidenza.

I miei genitori un paio di giorni fa chiacchierando davanti a un gelato con un’altra coppia hanno scoperto che entrambe le figlie erano in Libano. Da lì lo scambio di contatti e la mia chiamata a Jessica.

Siamo entrambe di Milano, 10 minuti di distanza in macchina. La prima volta che ci sentiamo siamo a circa 100 km di distanza l’una dall’altra in un paese a migliaia di chilometri di distanza dall’Italia. Lei sta seguendo un progetto di cooperazione, parla arabo, rimarrà in Libano per un anno circa.

D’accordo che ci saremmo viste nel week end, mi ributto sul blog in attesa del pranzo a casa dei suoceri di Lara.

La casa dei genitori di Fadi è molto carina, dal suo balcone si vede il paese in cui vive Lara, idea molto romantica. Sono una bella coppia e sarei davvero felice di essere al loro matrimonio il prossimo agosto.

 

La madre di Fadi ci spiega come cucinare il fattush: insalata con pomodorini, cipolle, spezie e pane simile al nostro sardo carasau. A tavola siamo in 6, si aggiunge infatti il cugino più giovane di Fadi, molto simpatico e concentrato mentre tenta di parlarmi di ciò che conosce dell’Italia in un francese mezzo inglese.

Guardiamo le foto di Fadi e scopro che è stato uno dei tanti bambini adottati a distanza, nel suo caso da un francese molto facoltoso che lo ha invitato a rimanere qualche mese in Francia. Una volta trasferitosi, il richiamo del Libano e soprattutto la mancanza della madre hanno fatto sì che Fadi, ragazzino di 11 anni, tornasse a Beirut e salutasse senza alcun dispiacere il veccho continente. Ora è uno un militare. Uno dei tanti che presidiano le migliaia di posti di blocco sparsi nel paese dei cedri.

Il padre di Fadi è agricoltore, ha un appezzamento di terra non molto lontano da casa. Una volta finito il pranzo si alza e torna con diverse forme di sapone artigianale fatto con le sue mani così come i due barattoli di marmellata alle albicocche che mi porge augurandosi che io riesca a portarli in Italia. Lo farò.

Una famiglia deliziosa, come il cugino che venuto a sapere del mio desiderio di fumare l’arghilè corre in terrazzo a scaldare la carbonella per farmi provare.

Mi aspetta la visita al Villaggio SOS di Sferai e nonostante io stia benissimo e mi senta a casa sono costretta ad andare via. Con il cuore e gli occhi più ricchi di quando sono tornata. Shukran.

 

Il Villaggio SOS di Sferai si presenta perfetto e accogliente, come tutti i Villaggi SOS che ho visto fino a ora nel mondo. Chiacchieriamo con il Direttore, facciamo il giro del parco giochi e non appena accenno il desiderio di entrare in una casa sento i ragazzi e bambini che sussurrano e scattano nelle loro stanze. Ne becco alcuni mentre infilano maglie sotto il letto, altri che nel chiudere velocemente l’armadio rischiano di far cadere l’anta. In realtà c’è un grande ordine, dovrebbero vedere casa mia nei momenti peggiori!

 

Al tramonto Abuna Abdo e io torniamo verso Saint Sauveur. Sulla strada mi propone di andare in un posto a fumare l’arghilè. Sono più che felice di dire di sì, sia per la compagnia che per il programma. Con lui è davvero impossibile annoiarsi.

 

Ci fermiamo davanti a un ristorante molto grande, ma al posto di andare in quella direzione seguiamo la musica che ci porta in una casa piena zeppa di gente vestita a festa e sorridente.

Scopro di essere a una specie di addio al nubilato e in particolare all’addio al nubilato della donna che si sposerà al convento di St Sauveur la domenica successiva.

La serata inizia con un piccolo buffet con tutti i tipi immaginabili di mezze. Le donne sono super agghindate, tacco tra il 12 e il 15, trucco particolarmente marcato, per usare un eufemismo.

Inizia la musica. La futura sposa sembra divertirsi molto. Balla con tutti gli invitati, o quasi. A un certo punto arrivano, come da tradizione, tre musicisti che intonano canzoni tipiche accompagnate dal suono di tamburi.

Qui, come in altri momenti, penso di essere davvero fortunata. Per la prospettiva, il modo, i tempi in cui ho la possibilità di conoscere questo paese. Per le persone che mi accompagnano in questa scoperta. Meravigliosa e continua.

 

Torniamo un po’ stanchi al Centro e Abuna Abdo si precipita al pc per chiudere un paio di lavori. Un uomo instancabile. Io mi fermo con Odha davanti alle finestre che danno al giardino del centro. Chiacchieriamo della sua scelta di vita. Di Padre Abdo. Di me. Di lei.

 

Shukran. Dal profondo del mio cuore.

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14 octobre 2009 3 14 /10 /octobre /2009 20:24

Giovedì 20 agosto

 

Oggi giornata impegnativa. Basti sapere che la sveglia è anticipata alle 5. Già..

Dopo una breve doccia al buio di una mattina ancora senza alba, Padre Abdo, Lara e io saltiamo in macchina in direzione Zahlé. Raggiungiamo casa di Rita alle 7:30 circa, dopo aver percorso l’unica strada che collega il Libano con la Siria. Rita è responsabile dei bambini coinvolti nel progetto di adozioni a distanza. Lei ci offre una colazione degna di un pranzo di Natale: decine di tipi di mezze, frutta, verdura. Di tutto. La compagnia si arricchisce inaspettatamente, anche per P. Abdo, della presenza di Moussa, fratello di Rita e milanese di adozione.

È una sensazione strana quella di conoscere in un paese lontano una persona che abita a qualche chilometro da casa tua.. ma è una sensazione che ora so avrei ripetuto, almeno in questo viaggio.

Alla sostanziosa colazione segue una visita allo splendido Foyer de l’Amitié, che Abuna Abdo ha seguito per circa 11 anni e che al momento è seguita da Padre Giorgio.

Tutti coloro con cui ho parlato del Foyer mi hanno riferito delle grandi cose fatte da Padre Abdo, dello sviluppo conosciuto dalla struttura in quel periodo. L’istituto professionale, quello alberghiero in particolare, e la piscina sono esempi della vivace attività promossa da Padre Abdo.

Dopo il giro all’Istituto professionale io e Lara raggiungiamo Baalbek con tutto l’entusiasmo che questa meta suscita. Per lei è il primo viaggio da sola, è giovane (22 anni) ma il fatto che non si sia mai messa in viaggio se non con i genitori o Fadi, mi stupisce un po’.

Arrivate scorgiamo le rovine in lontananza.. le seguiamo sotto il sole dell’una: tipico. Per ripararmi dal sole decido di prendermi un tipico cappello da turista (contro i miei principi solitamente).

Le rovine di Baalbek mi incantano. Sono immense. Niente che io ricordi assomiglia lontanamente a questo sito archeologico. Rimango estasiata dal Tempio di Giove. Salgo fino all’estremità di una rovina e chiedo a Lara di farmi una foto. Sono felice di essere lì, di leggere di quel posto. Le misure, l’immensità delle rovine, delle 54 colonne di qui solo 6 intatte hanno fatto sì che la gente si chiedesse chi poteva essere l’autore di tutto questo. La leggenda dice che si pensava fossero state costruite dai giganti. A volte le spiegazioni così semplici…

È stato difficile lasciare Baalbek, ma ci aspettavano ancora un paio di visite. Nella piazzetta di fronte alle rovine aspettiamo un prete che riporterà a Jabbouli, subito dopo averci fatto vedere la sua tenuta in campagna, con tanto di piante spontanee di marijuana, che lui cerca di estirpare ma senza alcun risultato, se non quello di vedersele ricomparire. Visitiamo la stalla dove una delle mucche ha partorito la notte prima, il veterinario da lì a pochi minuti avremmo estratto la placenta dalla neo-mamma. Sono cresciuta nella campagna milanese, ma non mi era mai capitato di vedere un vitello appena nato. Dolcissimo e senza alcun coordinamento.

Arriviamo a Jabbuoli, questo centro gestito da suore, accoglie un centinaio di bambini e ragazzi dai 4 ai 14 anni. Al suo interno dispone anche di scuole dalla materna alla media. Il mio obiettivo è quello di raccogliere tutte le informazioni possibili perché al mio ritorno AIB possa valutare se far partire un nuovo progetto a favore di questa struttura.

Nella raccolta di informazioni ci da una grande mano Suora Joseline: parla u po’ italiano perché anche lei, come molte delle persone legate al clero che ho incontrato in Libano, è stata a Roma due anni per studiare.

Serve supporto per la ristrutturazione di alcune sale e per garantire una buona accoglienza a tutti i bambini e bambine che risiedono nel centro e che raggiungono la famiglia ogni due settimane.

 

Dopo aver ringraziato Suora Joseline per il breve ma esaustivo giro del convento, la Madre Generale Sorella Pascale ci accompagna in macchina a Forzoul dove incontreremo Padre Abdo. Il viaggio di circa 2 ore mi permette di dormire e recuperare un po’ di energia.

 

Incontriamo Padre Abdo e ci fermiamo con lui a fumare un po’ di narghilé con il custode dell’Istituto professionale. Buono!

Sono circa le 7 di sera. Ci rimettiamo in macchina consapevoli delle ore che ci aspettano. Non contenti della giornata decidiamo di allungare la strada. Mangiamo un ottimo Kaak (una specie di “sacco” di pane che si riempie di formaggio, marmellata o cioccolato) in un negozietto sulla strada.

Decidiamo di fare un salto a Beirut: in macchina percorriamo Hamra, Ashrafie e Verdun. Arriviamo in Downtown-Solidere. Scendo quando Lara e Padre Abdo mi dicono che sotto un tendone al fianco della Grande Moschea c’è la tomba di Rafiq Hariri. Una tomba interrata in pieno centro di Beirut. L’idea mi sembra quanto meno insolita, se non assurda e bizzarra.

Ma è proprio così: un grande telone sotto il quale un percorso porta dalla tomba di Hariri, ricoperta di fiori, alle tombe delle guardie del corpo morte con lui nel giorno dell’attentato.

Dopo questa curiosa visita sono pronta per svenire sul mio letto. Un’ora di macchina anticipa l’inevitabile conclusione. Bonne nuit.

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1 septembre 2009 2 01 /09 /septembre /2009 23:20

Mercoledì 19 agosto

 

Sveglia alle 9:00. Ho scritto fino alle due di notte per mancanza di sonno, avevo bisogno di qualche oretta in più la mattina.

 

Chiudiamo il progettino per OPAM, inshallah.

Scrivo ancora qualcosa per il blog e faccio una piccola ricerca sulle ONG presenti sul territorio libanese.

 

A pranzo oggi siamo particolarmente numerosi. A Padre Abdo, Nawal, Odah e Enham si aggiunge anche Lara, l’assistente di Pére Abdo. Si parla, si ride, si gustano i manicaretti di Botros, il mitico cuoco del centro.

 

A questo piacevole repas segue, sfortunatamente, la guida spericolata di Padre Abdo che era in ritardo ad un incontro importante. Il digiuno era l’unica soluzione per non vedersi riproporre periodicamente il pranzo fino a sera. Io scendo con Lara e Nawal, passerò il pomeriggio con Lara mentre Nawal andrà a trovare il fratello.

 

La madre di Lara è molto giovane così come Lara, una ventiduenne molto gentile e molto carina. Superfidanzata con Fadi: si sposeranno il 18 agosto 2010.

Ci sono anche i due gemelli fratelli di madre di Lara: suo padre è morto, la madre si è risposata e ha avuto i due gemelli: Antonio e Marita. Sono delle forze della natura, ridono come dei pazzi per qualsiasi cosa. Dei veri habibi (amori).

 

Usciamo a fare una passeggiata. Lara ingaggia un team di cugini che mi illustrano la parte vecchia di Wadi Beankoudain, il suo paese: tradotto in italiano significa “due grappoli”. Uno di loro aveva preparato per una festa di paese un vero e proprio documentario che parlava della storia del paese, degli abitanti e del post terremoto.

 

Stradine in ripida discesa e altrettanto scoscesa salita ci portano ad una chiesetta dove ci fermiamo all’ombra. Questo paese non mi ha incantato, ma sono stata fortunata ad avere un equipe di esperti alle mie spalle.

 

Arriva Fadi con la macchina: viva! Un ragazzo con un bellissimo sorriso, molto gentile. Parla poco il francese, ma Lara è bravissima nelle traduzioni. Fadi ci porta alla maison della famiglia Hariri, non si può entrare è troppo tardi. Mi fanno solo mettere i piedi dentro il cancello per fare una foto. Shukran a Fadi e Lara, sono stati davvero persuasivi.

 

Con Fadi raggiungiamo Padre Abdo, intento a rivedere in una piccola vecchia tipografia le bozze del prossimo numero di Al Nahla, il giornalino di Saint Sauveur.

Lara e Fadi si concentrano sulle partecipazioni di matrimonio. Ce ne sono di tutti i tipi. Lara mi chiede un consiglio, ma devo dire che i gusti libanesi sono molti distanti dai miei. Non credo di aver visto niente che si potesse definire sobrio.

 

Recuperiamo Nawal e Fadi ci riaccompagna a casa di Lara. Ci mettiamo d’accordo per un pranzo a casa sua con tutta la famiglia: per l’occasione mangerò il fatush (insalata verde con pomodoro, cipolla, pane arrostito).

Ritrovo Antonio, che mi salta addosso e mi tira verso la sala. È tempo di imparare l’alfabeto: lezioni di scrittura per l’italiana.

Quando scrivo nel modo giusto Antonio esulta come un pazzo e io piango dal ridere. È delizioso, lo adoro. Cerca di spiegarmi di cosa parla un libro di fiabe che raccoglie dalla sua valigetta, sono avvantaggiata dal fatto che è scritto in francese.

Cerchiamo di leggerlo insieme, non è semplice. Lui mi fa ridere talmente tanto che le lacrime non mi permettono di vedere cosa c’è scritto.

 

Arriva il padre e tutti insieme ci spostiamo tutti in macchina verso il paese. Lì aspettiamo qualche minuto in compagnia dei miei gemelli preferiti, fino a quando arriva Padre Abdo che ci riporta tutte e tre, Nawal, Lara e me, al centro. Saluto l’esilarante compagnia con la speranza di rivederla molto presto.

 

Questa sera si va a letto presto. Domani la sveglia è anticipata alle 5:20 per un programma piuttosto intenso. Mabsouta (felice).

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31 août 2009 1 31 /08 /août /2009 21:16

Martedì 18 agosto

 

Pronta all’avventura, mi sveglio energica e con una buona dose di adrenalina. L’arabo non sarà un problema, i gesti fanno molto.

 

Joseph mi lascia sulla strada per Beirut. Da lì devo solo chiedere per Dawra, il centro da cui partono i collegamenti per il nord del Libano. Sarà mica così complicata.

Mi incammino così da raggiungere l’ombra in caso l’attesa si faccia lunga. Passano diversi van. Nessuno si ferma, di solito lo fanno e ti strombazzano fino a quando non gli dici dove vuoi andare. A questo punto a seconda della risposta ripartono senza dare risposta oppure ti fanno un cenno pressoché impercettibile con la testa e puoi salire, sicuro che ti porteranno alla meta.

 

Si ferma un taxi collettivo con all’interno due persone: chiedo per Dawra, prima non capisce e una volta che gli ripeto dice “Ok, no problem”. Gli chiedo di dirmi quanto viene fino a Dawra, mi dice “do you have time?” bhè dipende. Gli ripeto “Combien?” e lui ribadisce “No problem, no problem”. Salgo con l’intenzione di farmi dire quanto costa la corsa fino a Dawra non appena avrà lasciato gli altri passeggeri. Così appena rimaniamo io e lui sul taxi mi chiede in modo gentile e simpatico di andare davanti: ok, ma mi dica quanto devo pagare altrimenti scendo. Mi sposto davanti e mi accoglie con un bacia mano.

Mi ripete che lui non ha bisogno di soldi, che non ci sono problemi. Mi chiede dove devo andare: Jeita, alle grotte. Dice che mi porta lui senza problemi. Il fatto che quando mi parla si avvicini troppo mi dà un po’ fastidio, mi parla delle sue case a Beirut e mi chiede se voglio fermarmi la notte. Gli dico che sono presso un convento  e che intendo tornare la notte. Inizia ad infastidirmi un po’ e a questo punto non vedo l’ora di essere alle grotte.

Peccato che vada a 40 km/h sull’autostrada, velocità che deduco dalle macchine che ci sfrecciano da tutti i lati, non certo dal contachilometri, fermo a zero.

 

Quando vedo le indicazioni per le grotte e soprattutto il taxi che va nella direzione indicata mi tranquillizzo. Scendiamo verso le grotte, sempre molto lentamente. Arriviamo e mi chiede se voglio che lui aspetti lì o se può andare e poi ci diamo un orario in cui verrà a prendermi. Opto per la seconda soluzione.

 

Prima di scendere però voglio dargli almeno 10.000 LL e quando gli porgo la banconota mi guarda stranito e mi dice “Cosa sono questi?” e io molto ingenuamente rispondo “Mi sembra giusto darla almeno un minimo”. Ed è qui che inizia a gridare dicendo che lui ha pagato 20 dollari solo per la benzina e voglio dargli solo 10.000 LL. Adesso sono davvero fuori di me: gli dico che mi ha ripetuto più volte “no problem, no problem” e adesso invece dei problemi ci sono, o sbaglio? Faccio per allontanarmi da lui e mi afferra il braccio. Gli dico di lasciarlo subito, ma prima che lo faccia devo ripeterglielo e chiamare un addetto alla sicurezza. Il tassista spiega la situazione a quest’uomo che mi dice “c’’est un bon prix, c’est pas beaucoup”. Gli rispondo che non so nemmeno quanto vuole, non me l’ha mai detto. E scopro che mi chiede 30.000 LL. Non ne posso più, gli do i soldi e gli dico che non intendo rivederlo più. Lui si dice dispiaciuto, prende i soldi e saluta.

 

Mi rimane addosso un nervoso che poche volte ho provato. La visita alle grotte non inizia nel modo migliore e non riesco ancora a vedere il lato positivo di questa esperienza, vorrei solo non essere salita su quel taxi.

Prendo il biglietto per l’ingresso alle grotte. Mi metto in fila per prendere la teleferica che porta alla grotta più alta, la più grande. Qui il ragazzo appostato sull’obliteratrice mi vede sola e mi chiede da quale paese vengo. Italia. “Benvenuto”. Il mio umore ringrazia.

 

Sono una della formazione calcarea più spettacolari e grandi del mondo e per questo si trovano diverse locandine in cui si chiede ai visitatori di votare perché diventino una delle meraviglie mondiali.

Nelle grotte non si posso scattare foto, le macchine si lasciano all’ingresso. Entro nella prima: è immensa. Un percorso centrale permette in circa 30/40 minuti di vederla fino in fondo. Fa freddo (22°) ed è molto umido. Le formazioni calcaree sono di tutti i tipi e forme. In alcuni punti si riesce a scorgere il fondo: acqua cristallina e sabbia.

Una volta uscita dalla Grotte Supérieure mi incammino verso quella inferiore fiancheggiando il percorso del trenino che fa la spola tra le due cavità. Una volta entrata, noto che la temperatura è ancora più bassa (leggo 16°), meno umida. La grotta più bassa è aperta solo in alcuni periodi dell’anno, durante l’inverno l’acqua sale fino a coprirla totalmente. Visitiamo la cavità su un piccolo bateau. Immergo subito le mani nell’acqua, trasparente e gelida. Mi piace molto di più questa seconda grotta.

La visita finisce in 15 minuti circa e una volta uscita mi tuffo nei negozietti di souvenir. Faccio qualche acquisto e di buon umore mi preparo per il ritorno. Mi informo prima all’info-point in merito al prezzo di un taxi per arrivare alla route principale per prendere da lì il service che mi porterà a Beirut Cola: 5.000 LL. Bene.

Mi dirigo verso i taxi, chiedo quanto viene fino all’autoroute e dopo una breve consulenza tra sciacalli mi dicono 15.000 LL. Scoppio a ridere e gli dico che mi è stato detto che il prezzo giusto era 5.000 LL. La risposta dell’avido vecchietto è stata “bhè allora aspetta”. I tassisti non sono sicuramente la mia categoria preferita qui in Libano, non che lo siano in Italia.

 

Aspetto, con il vecchietto che ogni tanto mi osserva compiaciuto del fatto che io sia ancora lì. Dopo circa 15 minuti di attesa decido che proverò a farmela a piedi (si tratta di 5 km in salita) nella speranza che qualche anima pia mi raccolga per strada.

Sento qualcuno che chiama, se fosse il vecchietto sarei felice di fargli almeno una linguaccia, ma non mi giro, prosegue come un treno, solo un po’ più lenta. Ma determinata.

 

Mi si para davanti un taxi che sta andando nella mia direzione. Gli dico che devo raggiungere la route principale e gli chiedo quanto mi fa pagare: mi risponde che non vale la pena arrivare alla strada principale, che i servizi non passano. Mi porta lui. Gli rispondo che non ne voglio sapere, sono già stata fregata una volta. Da lì parte un mio sfogo sui tassisti e una sua opera di convinzione. Riesce a scalfire la mia rabbia e facendo affidamento sulla mia stanchezza. Parte anche lui da 30.000 LL, scendiamo a 20.000 LL. Mi porterà a Cola e da lì prenderò il bus per Saida. Una volta fermatami al Gondoline Sweet chiamerò Padre Abdo, nella speranza che qualche anima caritatevole possa recuperare l’italiana alla scoperta delle grotte.

 

Seduta comodamente nel taxi gli spiego cosa mi è successo all’andata. A lui dispiace molto e, nel corso del viaggio, fa di tutto per redimere la sua categoria. I discorsi sul nipote che è stato a Milano e ha fatto sesso con tutte le donne italiane che gli capitavano sotto mano non andava esattamente in questa direzione, ma alla fine sono arrivata sana e salva, nonché esausta, a Beirut Cola.

Ringrazio e salgo sul bus espresso. Chiedo per Goondoline Sweet e la persona che avevo a fianco mi dice che sa dov’è e che mi avviserà. Peccato che dopo 5 minuti di strada si addormenta. Per fortuna all’andata Joseph mi ha fatto vedere dov’era Gondoline e mi sono presa un paio di punti di riferimento per prepararmi a scendere in tempo.

 

In Libano i mezzi non hanno fermate precise, puoi chiedere di farti lasciare dove ti serve e puoi prendere un mezzo sulla strada in qualsiasi punto: la conseguenza sono spesso frenate al limite del disastro stradale quando vedono troppo tardi una persona che aspetta sul ciglio della route.

 

Entro in questa deliziosa pasticceria sul mare. Ci sono dolci di tutti i tipi e in comune hanno il fatto di essere particolarmente invitanti.

Chiedo alla ragazza alla cassa di fare una chiamata (capita spesso che i servizi pubblici offrano la linea a pagamento ai visitatori). Non mi fa pagare.

Nell’attesa dell’anima caritatevole prendo un paio di baklava, una bottiglietta d’acqua e mi siedo su una poltrona di pelle che dimostra tutti i suoi anni. Gusto i dolci, mi rilasso e inizia a salire tutta la stanchezza. Frate Sohel arriva 5 minuti dopo. Una volta al centro svengo sul letto per circa 2 ore. Ne ho proprio bisogno.

La sera la mia esperienza diventata di dominio pubblico. Risate si alternavano a parole di ammirazione.

 

Sono felice di questa esperienza, molto diversa dalle passate in Africa e in China. Ma soprattutto pronta a farne di nuove. Byblos e Tripoli, ishallah.

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