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24 août 2009 1 24 /08 /août /2009 12:22

Lunedì 17 agosto

 

Oggi è in arrivo un nuovo campo estivo. Nel pomeriggio vado a trovarli, chiacchiero con Andrew, coordinatore dei capigruppo, che mi spiega che ci sono 99 bambini di religione differente e con età compresa tra i 7 e 13 anni. Il campus è gratuito, promosso e organizzato da World Vision per bambini di Beirut provenienti da famiglie non abbienti, ma non solo.

 

I volontari che si prendono cura di bambini e ragazzi sono 40, chi si occupa dell’animazione, chi della cucina, chi delle pulizie. Anche in questo campo si parte con l’intenzione di insegnare ai bambini la convivenza tra religioni e culture diverse.

Conosco Carla, una ragazza molto estroversa e commento con lei il piccolo spettacolino che stanno mettendo insieme sul palco del teatro.

Trovo un sacco di nomi italiani. Il secondo è quello di Giuliano, un ragazzo molto simpatico e solare che si occuperà nel corso del campo di fare foto e report della settimana a Saint Sauveur.

Sono entrambi giovanissimi, l’una 19 l’altro 18 anni. Scherziamo sul compito difficile che si sono scelti, chiedo loro cosa prevede il programma della settimana: due giorni alla spiaggia e il resto giochi, feste a tema, teatro. Mi viene in mente il mio passato in colonia.

Loro non sono nemmeno i più giovani. Gli altri capo gruppo hanno anche 16/17 anni. Tutti volontari. Tutti libanesi.

Il mio pomeriggio passa in modo tranquillo, scrivendo qualche pagina del blog, approfondendo i dettagli del progetto che vorremmo proporre a OPAM. I ragazzi del camp vanno a fare una camminata tra i boschi di Saint Sauveur, io purtroppo (o per fortuna a seconda dei punti di vista) non posso seguirli: non ho il giusto equipaggiamento.

È un gruppo diverso rispetto a quello dei ragazzi giordani: più aperto, coinvolgente. Trovo più affinità con loro. Espressa questa mia opinione a Padre Abdo mi dice che è normale: il gruppo GNRC non era nel suo territorio, erano i primi a sentirsi stranieri.

 

La sera con Padre Abdo e Nawal facciamo una camminata al chiaro di luna. Nel verso senso della parola: spesso manca l’elettricità e soprattutto sul viale che porta al Centro spesso si cammina senza luce se non quella proiettata dalla luna.

Si parla di religione. Del fatto che personalmente non credo alla Chiesa come istituzione. Credo vi sia un unico Dio al quale vengono attribuiti nomi diversi. Non mi riconosco pienamente in nessuno di questi ma mi affido e credo nelle persone, negli animi. Credo nell’uomo che mi ha scovato su facebook, che mi accolta a Saint Sauveur, che ogni giorno mi insegna piccole grandi cose.. e che in questo momento mi ascolta e non mi da torto.

Esprimo tutta la mia soddisfazione nel vedere quanti programmi vengono sviluppati qui in Libano a favore dell’integrazione, della condivisione e della percezione della differenza come ricchezza e non minaccia.

In Italia in questo senso siamo nemmeno agli inizi. E non solo perché in seguito all’immigrazione, è da meno tempo che ci confrontiamo con nuove culture e religioni.

 

Parliamo dell’Islam. Secondo Abuna Abdo l’Islam si professa come l’unica religione giusta. Diversamente da un cristiano, in tutto il mondo arabo e musulmano a un fedele non è consentito convertirsi. In alcuni casi il farlo comporterebbe perdere la vita.

In Libano la convivenza di molte e diverse religioni fa sì che la conversione possa avvenire, ma questo non significa che avvenga in modo semplice e soprattutto che sia accettata dalla società. Padre Abdo mi spiega che questa chiusura è dovuta al fatto che gli stati islamici non hanno il diritto civile, che tutti gli stati musulmani seguono il diritto religioso, nella fattispecie il Corano. Secondo lui occorre che i musulmani diventino, se non cristiani, quanto meno laici altrimenti la loro scarsa tolleranza rischia di opprimere chiunque sia diverso.

Padre Abdo ha un’idea in merito: invece di usare i soldi per le armi occorre usarli per educare alla libertà, alla fraternità e alla giustizia.

 

Una camminata piacevole è il preludio per l’aggiunta di qualche nuova parola al nostro vocabolario e al momento in cui io e Nawal ci diamo la buona notte. Sono un po’ agitata. Domani la mia prima escursione da sola. La mia sola perplessità è che qui parlano tutti arabo.. al contrario di me. Direzione Grotte di Jaita. Inshallah.

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23 août 2009 7 23 /08 /août /2009 14:36

Sabato 15 e domenica 16 agosto

 

Oggi il programma prevede Saida e Beirut, notte a Jezzine e sveglia per andare al mare! Finalmente..

 

Sveglia anticipata alle 7:00, ormai non ci penso nemmeno più, se non nel primo pomeriggio quando le palpebre salutano nel disperato tentativo di rimanere aperte.

Père Abdo mi accompagnerà al Foyer de la Providence di Salhieh e lì incontrerò Nawal, poi via verso la scoperta di nuove strade, paesaggi, persone.

 

Visito il Foyer e conosco Padre Nicolas, il Direttore. Qui ospitano bambini in case di accoglienza e organizzano le attività scolastiche e ludiche all’interno della struttura per bambini dai 5 ai 18 anni. È un centro sociale che comprende un istituto tecnico, un dispensario, un centro pastorale.

 

Mentre attendiamo l’arrivo di Nawal, ci raggiunge all’ingresso Padre Lambert, arrivato dal Belgio in questi giorni. Chiacchieriamo un po’. Mi racconta che è stato in Libano per 3 anni e che ogni estate torna per qualche settimana al Foyer. Mi chiede cosa ho visto del Libano e mi consiglia assolutamente di vedere Baalbek, Beittedine e Byblos. Sarà fatto.

Gli dico cosa ho visto fino ad ora e nel parlare di Khiam mi chiede “sai vero che Khiam è stato un lager libanese?”. In effetti no. Gli chiedo spiegazioni e mi dice che a Khiam c’era una vero e proprio lager: come i tedeschi avevano fatto con il popolo ebreo così lo stesso popolo ebreo aveva fatto con i libanesi all’interno di questi campi.

 

Il fatto che la storia e le esperienze, positive o negative che siano, dovrebbero servire da insegnamento trova un’atroce eccezione in questo racconto.

Il commento che mi ha colpito di Padre Lambert è che “il popolo israeliano vive da sempre il trauma e la paura di essere eliminato, di  non esistere più. Per questo è sempre in guerra con coloro che ritiene possano nuocere alla sua sopravvivenza”.

 

Aspettiamo un po’. Padre Abdo ha un appuntamento e parte. Aspetto Nawal sulla strada che porta da Jezzine a Saida. Arriva con a fianco un ragazzino, potrebbe trattarsi di un taxi collettivo, ma scopro che si tratta di suo nipote Peter.

 

Bene, con zaino sulle spalle salgo sul taxi e arriviamo a Place de l’Etoile a Sidone (Saida in arabo). Attraversiamo i suk e mi stupisce la pulizia delle strade. Abituata ai mercati di Dakar, queste viuzze senza bucce di frutta e generi vari sparsi per terra, mi colpiscono positivamente.

I programmi cambiano molto facilmente e ci troviamo ben presto alla ricerca di un cellulare usato per il nipotino, che batte i piedi e si lamenta quando la zia non lo accontenta.

 

Intanto io faccio i primi acquisti e nel leggere la guida scopro che a Saida c’è il Museo del Sapone dove vendono l’essenza dell’estate: acqua di rose e acqua di fiori d’arancio. Un breve tour del Museo anticipa nuovi souvenir.

 

Dopo almeno 2 ore di ricerca del cellulare giusto per questo ragazzino di 11 anni, tante pretese e poche parole, torniamo per la terza volta nel negozio in cui ha visto il suo cellulare ideale, di cui entrerà in possesso, nonostante sia troppo caro (40 LL, 20 euro).

 

Tutti felici del fatto che lui abbia finalmente trovato il suo telefonino ci muoviamo più liberamente e visitiamo altre parti di Saida.

Sono distrutta. Il caldo, lo zaino pesante e la stanchezza iniziano a cambiare il mio umore. È tempo di spostarsi e raggiungere Beirut. Ma il simpatico nipotino non è ancora contento: il suo nuovo cellulare è scarico. Gli do il mio.

 

Prendiamo il bus. Non chiedo a Nawal dove arriveremo cosa faremo. Mi basta salire, sedermi e arrivare. Scendiamo a Cola, una sorta di parcheggio dal quale partono i service (chiamano così i mezzi pubblici) per il sud. Per il nord i collegamenti partono da Dowra, in un’altra zona di Beirut.

Prendiamo un taxi e ci fermiamo in una via che non mi parla di Beirut. Chiedo a Nawal dove siamo e mi dice che è la zona dove ci sono dei negozi. La mia faccia a punto di domanda non le arriva. Mi convinco che ogni esperienza inaspettata possa rivelarsi un’opportunità e entro con loro in questo mall dove c’è un po’ di tutto: vestiti, oggetti per la casa, costumi. Forse non era questo il caso in cui mi aspettava un’imprevista opportunità.

Usciamo e chiedo a Nawal dove ci stiamo dirigendo: da una zia che abita lì vicino perché suo nipote deve ricaricare il cellulare. Ho esaurito ogni tipo di pazienza quindi taccio.

 

E qui si rivela l’opportunità: una sosta, un piatto di verdura e dell’acqua fresca mi permettono di cambiare occhi e recuperare l’energia. Mi sono ricaricata, così come ha fatto il cellulare.. Viva!

 

Spiego a Nawal che sarei felice di vedere Beirut e che non importa se non riusciamo a vedere i negozi. Così raggiungiamo la Corniche, gli scogli dei Piccioni, Downtown, Solidere (il piano di ricostruzione della capitale dopo le guerre) e il punto in cui nel 2005 fu assassinato Rafik Hariri, ex premier del Libano.

 

Nella capitale libanese e soprattutto nell’area di downtown, palazzi nuovi di zecca si alternano a palazzi in cui ancora è possibile vedere i segni della guerra, delle bombe, dei proiettili. Una grande scritta “STOP SOLIDERE” è affissa sull’Hotel Saint George, davanti al quale hanno assassinato Hariri.

I suoi proprietari sono tra quelli contrari al progetto di ristrutturazione denominato Solidere e promosso da Hariri. In alcuni casi infatti gli immobili venivano acquistati dal governo a prezzi stracciati per poi ricostruire. I proprietari dell’hotel si sono rifiutati di vendere e, come risposta, gli è stato vietato di ristrutturare l’immobile.

 

A questo punto sono stremata. Il sole non si è placato e la capitale libanese vanta un tasso di umidità in grado di competere con Milano. Torniamo in taxi a Cola e arranchiamo fino a raggiungere un posto a sedere. Direzione Saida e poi ancora Jezzine: il paese in cui vive Nawal con la sua famiglia e dove ci aspetta la festa di Notre Dame.

 

Nel cambiare bus ci anticipano che non arriverà fino al capolinea perché a Jezzine le strade sono bloccate a causa della festa. Al momento non ci preoccupiamo.

Solo quando vedo salire orde di ragazzine e ragazzini mi pongo qualche domanda. Che festa è? Dev’essere importante? Perché spesso le aspettative non riflettono la realtà, in positivo o negativo che sia? Non trovo grandi risposte e lascio che le riflessioni facciano il loro giro per poi uscire dal finestrino del bus insieme al baccano prodotto dalla ciurma.

Sollevata dall’aria che proviene dallo stesso finestrino e comodamente seduta, mi sento nello spirito giusto per la serata. I miei abiti e il mio fisico meno, ma hanno solo bisogno di una buona doccia.

 

Il bus rallenta. Poi si ferma. Strada bloccata.

Siamo a circa 2 Km da Jezzine e siamo costretti a scendere. Bisogna camminare fino al paese, ma l’aria è fresca e il sole tramontato da un’ora. Maciniamo metri fino a quando arriviamo al posto di blocco in cui sta lavorando il fratello più piccolo di Nawal.

 

Ci incamminiamo verso casa di Nawal. La strada principale è piena di gente. Ci sono bancarelle di qualsiasi tipo: gioielli, cestini di paglia e legno, fanno zucchero filato, kitche, frittelle...

In un gazebo dove fanno cocktail sento hip hop, mi fa sorridere. Nel gazebo a fianco mettono musica dance e nell’altro ancora musica libanese, molto probabilmente Fairouz.

 

Arriviamo a casa di Nawal. Una casetta molto umile in cui appena entrata trovo due divani e un letto. Nella seconda stanza la cucina, uno scaffale in cui sono impilate le provviste e un altro letto. L’ultima stanza è il bagno.

 

Dopo aver fatto la doccia conosco la sorella gemella di Peter, Paula. Molto carina e soprattutto simpatica. Sembra più grande del fratello, lei lo sa.

 

Ci incamminiamo tutte e tre e raggiungiamo presto la folla. Conosco la famiglia di Nawal, i genitori e le sorelle Rita e Rima. Sono tutti molto gentili e sorridenti, mi chiedono se voglio una delle kitche che stanno preparando, non ho ancora mangiato e sono invitanti. Non rifiuto.

 

Adesso una musica sovrasta le altre. Voce femminile. Parole arabe. Si tratta di un vero e proprio concerto dal vivo, di una cantante del luogo piuttosto famosa anche all’estero.

Tutti cantano le sue canzoni. Il pubblico è in parte seduto davanti al palco ma soprattutto ammassato ai lati del palco e dietro. Mi sorprende tutta questa gente, giovani, adulti e anziani, attirata da questa cantante.

 

Camminiamo ancora un po’ e all’una di notte torniamo chez Nawal per dormire.

Una giornata decisamente intensa e provante. Un finale molto divertente con tanto di danza tutta al maschile.

 

Taabane (stanca), raggiungo il letto e svengo.

 

Posticipiamo la sveglia alle 8.30. Colazione a base di mele.

Sono pronta per il mare.. passiamo a salutare la famiglia di Nawal e una serie di amici che sono tutti radunati a casa di Nawal e stanno staccando dai rami lo zatar che verrà poi messo sulle kitche.

Rima, la sorella di Nawal, prova a fare le sue prime crepe. Aspettiamo la princesse Paula, ma soprattutto il principino Peter. Non credo di aver mai visto un ragazzino, più in generale una persona, che sta così tanto tempo attaccato al cellulare.

 

La spiaggia di Saida ci vede arrivare solo alle 12:30 e scopro che per poter tornare a Saint Sauveur alle 14:30 dobbiamo ripartire. Non mi scoraggio e parto con il solo obiettivo di farmi abbastanza bagni da non averne più voglia per qualche giorno: alla fine è da Batroun che desidero tuffarmi.

 

La spiaggia è di sabbia, bollente. Noi saremo sotto il sole nell’orario peggiore, senza ombrellone: quelli presenti e gratuiti sono già tutti occupati.

Dopo 2 minuti di attesa entro in acqua: caldissima e non particolarmente pulita, ma ormai ci sono e nessuno mi ferma. Mi tuffo, nuoto un po’. Mi giro verso la spiaggia, mi guardo intorno: sono l’unica persona di sesso femminile al di sopra degli 11 anni a indossare un costume a due pezzi.

Non solo. Sono tra le poche a indossare un costume. Le donne musulmane entrano vestite di tutto punto, ma anche le donne o ragazze cristiane indossano pantaloncini e canottiera al massimo. Persino Nawal era la prima volta che indossava un costume intero. “Chiaramente” per gli uomini non c’è alcuna differenza.

Nel raggiungere la doccia mi sento parecchio osservata, da donne, uomini, bambini. Una sensazione che non mi disturba particolarmente, ma che fa nascere alcune riflessioni.

Mi hanno spiegato poi che la spiaggia in cui siamo stata è frequentata in particolare dai musulmani e per questo c’erano poche donne in costume. La cosa mi rincuora e mi riprometto di provare una nuova spiaggia.

 

Tornata dal secondo bagno Nawal mi chiede di spostarci: un ragazzo che dice di essere un poliziotto ha notato che ci sono due siriani che ci osservano e ci consiglia di avvicinarsi a lui. Dubito che lui sia un gendarme come dubito che i due siriani abbiano intenzione di rubarci qualcosa. Per tranquillizzare Nawal ci spostiamo un po’ senza avvicinarci troppo al potenziale sbirro.

 

Il sole è così forte che nemmeno il vento riesce a smorzare il caldo. Terzo bagno e praticamente inzuppati ci rivestiamo pronti per riprendere la strada per Saint Sauveur.

 

Arrivata al Centro mi guardo allo specchio e scoppio a ridere: raramente ho visto la mia faccia e le mie spalle di un rosso così vivo e vicino all’ustione.

Una doccia fresca è l’unica soluzione. Prima di una profonda e lunga dormita..

Labokra (a domani). Y

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22 août 2009 6 22 /08 /août /2009 08:18

Venerdì 14 agosto

 

Alla sveglia e alla colazione a base di frutta (nuovo regime alimentare da un paio di giorni) seguono una serie di mail di Abuna Abdo: cerchiamo idee per il 20 novembre – Giornata Mondiali dei Diritti dell’Infanzia - legate al Progetto GNRC “Learning to live togehter”; svilupperemo un progetto da sottoporre a OPAM per lo sviluppo e lo stimolo della scolarizzazione in Libano.

 

Sono molto felice che Padre Abdo mi coinvolga in ogni cosa possa interessarmi o alla quale crede io possa dare un contributo. La sua esperienza e la sua proattività fanno sì che da una semplice idea si arrivi spesso a sviluppare un progetto, se non addirittura un programma. È molto stimolante avere a che fare con un anima così attiva, indipendentemente dal suo ruolo ecclesiastico.

 

Inizio ad informarmi su entrambi i temi e mi preparo la raffica di domande che farò a Pére Abdo appena saliremo sulla voiture per raggiungere Khiam, nel sud del Libano al confine con Israele: lì passeremo la giornata con Elham e la sua famiglia.

 

Appena partiamo noto delle bandiere e delle decorazioni lungo la strada, chiedo di cosa si tratta e scopro che oggi, 14 agosto, è l’anniversario dalla vittoria del Libano su Israele nel conflitto del 2006. Padre Abdo aggiunge che le istituzioni temono che oggi vi siano degli attacchi da parte di Israele, che approfitti di questa occasione. “La situazione è tranquilla, ma si tratta di un equilibrio fittizio. Siamo in una situazione di stallo considerando che Israele continua a occupare parti del Libano e il partito di Dio di resistenza (Hezbollah) continua ad armarsi per difendersi. Non è stata ancora trovata una soluzione per i Palestinesi ai quali Israele non riconosce finora il diritto di ritornare in Palestina e avere un loro stato” spiega Pére Abdo.

 

Mi sembra pazzesco. Stiamo andando in giro tranquillamente. L’unico segnale di questa tensione, lungo la strada che percorriamo, sono gli svariati posti di blocco.

La raccomandazione di Padre Abdo, ribaditami da Elham in seguito, è quella di non parlare ai militari al posto di blocco, nemmeno rispondere ad eventuali domande, mettere via gli occhiali da sole (che usano solo gli stranieri) prima di arrivare a Khiam.

In questa zona gli stranieri non possono entrare senza permessi speciali. Lo stato d’animo cambia un po’, non si tratta di paura, ma di consapevolezza. La realtà a volte arriva come uno schiaffo, che sono felice di non ricevere.

 

Raggiungiamo a Saida Elham, che arriva in macchina da Beirut con la sorella e il fratello. Elham sale in macchina con noi.

Nel tragitto verso Khiam ci fermiamo lungo un fiume in cui parecchia gente fa il bagno, si tuffa, un pastore fa pascolare le caprette.

Presto ci addentriamo in un paesaggio quasi lunare. Strade strane, quasi assurde. Case qua e là, alcune distrutte e abbandonate altre in ricostruzione.

Una costruzione imponente su una collina cattura la nostra attenzione. Inutile dire che la curiosità non è solo donna: Padre Abdo si fionda verso questa struttura. Chiede ai custodi di cosa si tratta: Istituto per Mutilati di Guerra. Domanda di poter entrare: quando mi presenta capisco di poter parlare e quindi sorrido e saluto in francese. I custodi chiamano all’interno e rispondono prima negativamente. P. Abdo li convince spiegando che è promotore di progetti sociali e di cooperazione dalle parti di Saida. Entriamo.

 

Ci accolgono con la tradizionale gentilezza offrendoci acqua e caffé.

In questo istituto ospitano i mutilati di guerra e le loro famiglia per periodi brevi nel corso del periodo estivo. Non riesco a capire come venga sfruttato nei restanti mesi dell’anno, ma mi risulta difficile credere che non venga utilizzato: si tratta di una struttura nuova, molto grande, composta da diversi bungalow per l’accoglienza degli ospiti, che a causa dei diversi conflitti sono parecchi, soprattutto in questa zona. Ringraziamo per la disponibilità e salutiamo.

 

Ci avviciniamo all’ultimo posto di blocco. Metto via anche la guida e la macchina fotografica. Padre Abdo e Elham salutano. Il militare, un ragazzo giovane non più che 26enne, chiede qualcosa. Pére Abdo risponde. Il militare fa un’altra domanda. Alla risposta perentoria di Padre Abdo passiamo e tiro un sospiro di sollievo.

 

Abuna Abdo mi spiega che alla prima domanda chiedeva l’identità. Alla seconda domandava i nostri documenti. In questo caso la risposta di Padre Abdo è stata “Ma io sono Padre Abdo Raad” e il militare ha deciso che poteva lasciarci andare.

Sangue freddo e esperienza. Se avessimo consegnato i documenti saremmo dovuti tornare indietro: una passaporto diverso da quello libanese, senza relativo permesso, non era ben accetto.

 

Penso.

Al nostro paese, alla libertà, all’abitudine che spesso fa dimenticare i passi compiuti nel corso della storia.

Al paese dei cedri, alla sua storia travagliata, alle restrizioni, all’abitudine che spesso fa vedere i conflitti semplicemente come qualcosa che può capitare.

È davvero tutto relativo in questo mondo, nella vita.

 

Arriviamo a Khiam. Dalla strada per raggiungerlo si vede perfettamente Israele, il confine segnato da una rete di metallo, al di là della quale c’è un vasta e organizzata piantagione di mele, con a fianco l’azienda per il confezionamento e l’invio all’interno dei confini israeliani.

Questo viaggio è di poche ore, ma così intenso da richiedere silenzio.

 

Arriviamo chez Elham.

Ci sono i suoi genitori, suo fratello Ali, le sue sorelle Cabila e Nada e la famiglia di Nada: il marito Mohamad, Carine, Hassan e Ali.

Ci accolgono con grandi sorrisi. Faccio il giro della casa, un duplex: villetta singola su due piani. Hanno iniziato a ricostruirla dalle macerie dopo il conflitto del 2006, a causa del quale si sono rifugiati nella zona di Zahle, nella Valle della Bekaa.

Sembrano racconti di una qualcosa di lontano. Eppure loro l’hanno vissuta. La loro casa era rasa al suolo. I tanto amati fiori di Elham erano scomparsi. Tutto, o quasi, rinasce ora. Con calma, in base alle possibilità.

 

Si inizia ad apparecchiare. E qui trovo la conferma di ciò che avevo letto inizialmente nella guida, non che fino ad oggi non avessi avuto modo di sperimentarlo: l’ospitalità delle famiglie libanesi si traduce nel preparare abbastanza cibo per sfamare almeno il doppio degli invitati. In questo caso credo si raggiungesse il triplo.

Un piacere per gli occhi oltre che per lo stomaco. Un tripudio di piatti libanesi buonissimi. Dal kibi, carne tritata e cruda con olio e origano, al labhne, formaggio molto fresco e un po’ acido, fino a pollo con patatine, riso con pollo e arachidi (delizioso!), involtini di foglie di vite, melanzane e zucchine ripieni di riso. Insalata, torta di zenzero, salse varie, Khebez forn (pane arabo).

 

Cerco di assaggiare poco di tutto ciò che trovo sulla tavola, tralasciando i piatti che avevo già assaggiato. Una delizia. E io che speravo che la cucina libanese non mi piacesse, mannaggia!

Dal “banchetto estivo” allestito nel salone ci si sposta sulle poltrone. Arrivano vassoi (sì, al plurale) di frutta. Stento a riconoscere una pesca nel frutto che mi si presenta con dimensioni quanto meno triplicate rispetto al normale. La mia faccia deve aver tradito il mio sgomento: scoppiano tutti a ridere quando vedono la mia reazione alla vista di quel melone travestito da pesca. E come se non bastasse è pure delizioso! Non si parla di OGM, tutto è coltivato dalla famiglia di Elham nel giardino.

 

Si chiacchiera. Carine parla perfettamente l’inglese ed è felice di poterlo allenare un po’. Il suo sogno è quello di viaggiare per lavoro. Vuole diventare un medico..

Parlo con Nada, sua mamma. La prima domanda in un discorso è sempre “Che lavoro fai?”, a seguire “Quanti anni hai?”, “Sei sposata?”. Nada non rispetta quest’ordine.

Parliamo di quanto sia importante che ognuno abbia il tempo per organizzarsi la sua vita, decidere del proprio futuro. Il matrimonio solo al momento giusto, con quella che pensi sia la tua metà ideale, che poi non significa si riveli perfetto in senso assoluto, ma semplicemente la persona giusta per te, che in un certo senso ti completi.

 

Ci troviamo in tanti modi, molte sue idee rispecchiano il mio modo di pensare. Sono felice di potermi confrontare con una donna aperta che conferma ciò che ho sempre pensato: in ogni famiglia, villaggio, città, nazione ci sono mentalità molto diverse tra loro. Chiuse o aperte al confronto.

Carine è molto fortunata ad avere Nada come mamma e sono convinta anche del contrario.

Sarei felice di accogliere Carine e la sua famiglia nella mia piccola dimora di 55 mq e non escludo che per la piccola grande dodicenne la cosa possa davvero avverarsi.

 

Il mio stomaco giura vendetta per eccesso di cibo introdotto, ma è senza dubbio soddisfatto della qualità. Ci aspettano più di due ore di viaggio quindi a fine pomeriggio iniziamo a salutare.

 

Nel corso del pomeriggio mi sono fermata più volte a guardare le persone che mi circondavano. Mi sono sentita fortunata. Di essere lì. Di condividere il tempo, le risate, i discorsi con questa meravigliosa famiglia.

 

I miei occhi a forma di pesca devono avere commosso tutta la famiglia: 3 enormi prototipi di pesca-melone sono il mio apprezzatissimo souvenir della giornata. Finiti i saluti rimontiamo in macchina e la sensazione è così piacevole che scende qualche lacrima di gioia. Sono fatta così.

 

Padre Abdo si era fatto spiegare la strada per raggiungere il confine e da lì ripartire in direzione Saida. Aveva scritto tutto su un foglio.. che non ci ha seguito. Ma la fiducia nel nostro spericolato driver non è stata minimamente scalfita da questa piccola defaianace.

 

Percorriamo la strada che segna esattamente il confine con Israele. Vediamo la piantagione di mele da vicino. Alla vista del paesaggio si alterna la vista di cararmati dell’UNIFIL (Forza di Intermediazione delle Nazioni Unite in Libano).

Ritengono questo spazio pericoloso. Era qui e in tutta la vallata su cui si affaccia Khiam, che si consumava la guerra, la devastazione.

Ci fermiamo in un punto panoramico. Padre Abdo mi indica il Monte Ebron: è il monte della trasfigurazione di Gesù Cristo, mi spiega Abuna Abdo, e si trova sulla confine di questi quattro paesi. Si racconta, e ci spera, che un giorno Israeliani, Libanesi, Siriani e Palestinesi si troveranno su quel Monte per decidere come vivere in pace e in condivisione.

Un pensiero, un’immagine che mi accompagneranno per molto tempo, non solo in Libano.

 

Il viaggio di ritorno si rivela un piccolo e divertente pellegrinaggio da diversi amici di Pére Abdo, alcuni facenti parte dell’UNIFIL.

IN attesa di ripartire in direzione Saint Sauveur seguiamo una piccola processione, con tanto di fuochi d’artificio finali, verso la Chiesa di Ain Ebel. Domani è ferragosto o meglio il Giorno dell’Assunzione della Vergine Maria. Non credo di aver mai visto tante chiese in vita mia.

 

Dal momento in cui siamo risaliti in macchina per raggiungere Saint Sauveur mi è risultato difficile proferire parola.

 

Penso.

A ciò che ho visto. Alle parole che ho sentito. Alle case che non ci sono più e a quelle che torneranno ad esserci.

Una giornata che rimarrà impressa nella mia memoria e che sarebbe qualcosa da raccontare ai propri figli. Se mai ne avrò spero la ascolteranno.

 

Una giornata sul confine. Nella terra di guerre create dallo spirito autodistruttivo dell’uomo.

Libano e Israele, così vicini eppure così distanti.

Mi concentro sul Monte Ebron.

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19 août 2009 3 19 /08 /août /2009 22:58

 

Mercoledì 12 e giovedì 13 agosto


Due giorni di pausa.

Apprezzo il vento, la calma, il silenzio del Centro San Sauveur. Scrivo le mie prime pagine del blog e avviso famiglia e amici che se vogliono possono tenersi aggiornati sui miei giri tramite queste parole, frasi, pensieri.

Inizio a conoscere Odah e Enham, le donne che si occupano di tenere questo immenso centro in ordine. Gentili, sempre disponibili e molto premurose. Le donne libanesi sono deliziose. Gli uomini anche, alcuni un po’ antipatici (qui Padre Abdo riderebbe fragorosamente).

Riesco ad avere una connessione: Padre Bado è avantissimo con la tecnologia.. d’altronde mi ha scovato lui su Facebook!


La sera prima come un piccolo Mac Gyver ha trovato il modo di creare un adattatore per la mia presa. Solo oggi, ahimè, frugando negli armadi trovo una prolunga perfetta. Non me la sento di mandare “a ramengo” i suoi sforzi quindi uso ancora per un po’ la sua creazione..

Faccio un giro con Nawal nella biblioteca. Vedo i laboratori di chimica. Le aule hanno bisogno di una buona ristrutturazione: banchi, sedie, porte sono in uno stato quantomeno precario.


Nel fare qualche ricerca su Google leggo che stasera (12 agosto) ci sarà una pioggia di stelle (le Perseidi) e mi accorgo di essermi dimenticata della notte di San Lorenzo. Adoro aspettare di esprimere un desiderio alla vista di una stella cadente.

Mi ripropongo di sdraiarmi davanti al Convento questa notte e snocciolare qualche sogno nel cassetto.


Intanto scrivendo, cercando, googlando passa il tempo e arriva il tramonto: roseo, fresco e arioso. Vado sul mio muretto. Leggo, chiudo gli occhi e penso. A me qui. A me in Senegal l’anno scorso. Sorrido e lascio che il vento porti via i pensieri perché ne arrivino di nuovi.


Con Nawal iniziamo a redigere un piccolo vocabolario Arabo/Italiano che rimarrà ad entrambe. Molto divertente, a tratti un po’ demoralizzante. È una lingua molto diversa, in ogni senso. Molto bella, melodica ed esteticamente affascinante.

 

Finite le prime parole (buongiorno, buonasera, benvenuto e i numeri), mi sdraio come promesso sotto le stelle prima in compagnia di Nawal, che ne becca subito una, poi da sola.

 

Totale desideri espressi: 5 o 7 … ne ho viste parecchie, alcune lunghissime e molto visibili, credo di aver perso il conto a un certo punto. Aspetto che si avverino, con calma, al momento giusto. Uno credo sia già in arrivo. Inshallah.


Il giovedì prosegue un po’ lento. Inizio ad accusare la sveglia quotidiana alle 7:30. Dopo pranzo mi accascio sul letto.

Svegliatami un po’ appannata decido di iniziare a leggere un nuovo libro, primi di rimettermi a scrivere. Lo finisco in giornata, interessante.


La sera arriva un invito inaspettato (adoro gli imprevisti) di Padre Abdo. Facciamo una visita, insieme a Nawal e Padre Elias Majo al Convento di Deir el Saidi, dove risiede Pére Michael, una persona molto gentile e simpatica che abbiamo conosciuto io e Nawal durante una camminata nelle ore precedenti.

Il convento, in cui si organizzano ritiri spirituali e seminari religiosi, è a pochi minuti di macchina da Saint Sauveur e come St. Sauveur, è un posto magico, sereno, meraviglioso, circondato dal verde.

Salutiamo Pére Michael, che abbozza qualche parola in italiano, anche lui come Abuna Abdo ha passato un periodo di studi a Roma.


Prima di entrare Pére Abdo, Nawal ed io facciamo una camminata in ripida discesa (con conseguente salita) che ci porta ad una piccola chiesa, molto bella. Abuna Abdo intona un canto e i muri gli rispondono amplificando armoniosamente il suono. Provo una bellissima sensazione di pace.

 

Padre Abdo ci spiega che accanto alla chiesa c’è un Padre eremita che rimarrà per 50 giorni in ritiro spirituale. Contro ogni mia aspettativa Padre Abdo bussa alla porta per vedere se la persona che ha deciso di ritirarsi in solitudine per 50 giorni apre.

Ci fa entrare. Ai miei occhi un ambiente semplice e magico. Domando come vive, in cosa consiste l’esperienza di un eremita. Isolamento totale (se non per aprire la porta in rare occasioni a colleghi del clero). Niente comunicazioni con l’esterno. Lettura della Bibbia. Meditazione. Bere acqua e mangiare solo prodotti che offre la natura circostante.

Affascinante, non credo riuscirei per 50 giorni almeno non in questo momento.

Padre Abdo chiede se può dire una preghiera. La canta.

Ci congediamo.

 

Riprendiamo il nostro cammino, ora in salita ahimè. Si sentono degli ululati: Padre Abdo si assicura che siano lupi chiedendo ai diretti interessati che chiaramente rispondono in modo affermativo.

Sono sempre più convinta che alla carriera ecclesiastica avrebbe potuto sostituire con grande successo quella di cabarettista.

 

Un po’ affaticati (pensavo peggio in effetti) arriviamo al Convento. Entriamo. Incuriosite io e Nawal facciamo un giro della struttura. C’è tanta storia anche qui. Gli ambienti sono caldi, l’atmosfera è accogliente.

 

A cena gusto nuove pietanze, una specie di puré speziato. Un riso con la carne molto buono. Dei deliziosi fichi d’india completamente sbucciati da Padre Elias Majo che passa i primi minuti della cena a cercare di togliersi le spine rimastegli sulle mani.

All’abbondante cena segue una bella camminata. Non più per il sentiero scosceso, ma avanti e indietro nel piazzale su cui si affaccia il convento.

Pére Michael, Fadi (un insegnante di catechismo), Nawal ed io facciamo una ventina di vasche mentre si parla dell’Italia, Fadi dice che vorrebbe venire in Italia e chiede se ci sono donne per lui. Rispondo di sì, è pronto per partire.

 

Finita la camminata torniamo a Saint Sauveur.

Luoghi splendidi e sconosciuti.

Una serata fresca tra il verde e i lupi.

Una buona cena.

E come sempre… una compagnia speciale.
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18 août 2009 2 18 /08 /août /2009 22:55

Martedì 11 agosto

 

Chi ben comincia è a metà dell’opera. Per questo dopo una buona colazione io e Pére Abdo ci troviamo per condividere un programma di massima che mi permetta di conoscere lui e ciò che fa, di visitare il Foyer de l’Amitié, presso cui AIB ha attivato le adozioni a distanza, di incontrare i bambini quando torneranno dalle vacanze e “last but not least” capire come posso essere d’aiuto e quali sono le aspettative reciproche.

Le pagine di questo blog sono partite proprio da questa discussione. Un modo come un altro per far si che chi lo desidera venga a contatto anche se virtuale con la realtà sociale libanese e l’esperienza di una volontaria AIB in questa terra.

Si è parlato dei bambini, alcuni dei quali adottati da sostenitori AIB in Italia, di come funzionano le adozioni a distanza, di ciò che sarebbe felice di sviluppare. A questo proposito, al programma si aggiungerà la visita ad una terza struttura che potrebbe essere interessante includere nel progetto delle adozioni a distanza.

 

Padre Abdo è un piccolo grande vulcano di idee, tanto che a volte si rischia di perdere il filo. Rapporti con l’Ambasciata Italiana, la Brochure, il blog del Centro Saint Sauveur, la Biblioteca.. queste solo alcune delle aree nelle quali mi dice ci sarebbe bisogno di una mano.

Inizio con il blog, mi sembra un’ottima idea, considerando che si tratta di una cosa che faccio solitamente nei miei viaggi, mai via web. Adoro scegliere in ogni viaggio il diario su cui appuntare pensieri, riflessioni o semplici indirizzi. Le pagine scritte a mano hanno sempre il loro fascino..

 

Faccio un giro con Padre Abdo nel dormitorio in cui grazie ad Aiutare i Bambini sono stati sostituiti armadi vecchi e fatiscenti con nuovi arredamenti, letti in ferro arrugginito con letti in legno, comodini. Faccio le foto che mi serviranno poi a documentare parte dei progetti all’associazione, una volta tornata.

A pranzo ci fa compagnia una cara amica di Padre Abdo: Elham. Ridono e scherzano intensamente. Lei mi sembra molto simpatica. Padre Abdo mi accenna che subito dopo pranzo si parte per Kaftoun (al nord): alcuni amici francesi non potendo essere in Libano gli chiedono la cortesia di presenziare a un funerale e di portare le loro condoglianze per l’andata in cielo di Suor Antoinette. Lo so.. è già la seconda volta che si parta di “andata in cielo”, eppure l’indice di mortalità non è molto alto in Libano.

 

Partiamo su due macchina separate e scopro che Elham verrà con noi. Sono contenta, sarà un’ottima compagnia! Ne ho la conferma dopo pochi minuti: in macchina una volta insieme si ride fragorosamente e la cosa strana è che mi metto a ridere con loro anche se parlano arabo e quindi non capisco un bel niente di ciò che dicono! Ma si tratta di una coppia di amici molto affiatata, ridono in modo molto contagioso.

La strada per Khaftoun si rivela sconosciuta ai più.. in particolari ai temporanei abitanti di questa Mitsubishi 4X4. Non ci perdiamo d’animo, chiediamo anche ai sassi e finalmente arriviamo nella caldissima valle in cui si trova una chiesetta sperduta, la nostra meta. All’inizio di una lunga e ripida discesa costeggiata da una fila illimitata di macchine, si trova un militare. Sembra dirci che non si può scendere in macchina. Bene!

Con mio profondo dispiacere, considerando il caldo soffocante del posto e soprattutto che ad una lunga e ripida discesa segue una lunga e ripida salita, lasciamo la macchina per prendere il sentiero.

Ed è quasi all’inizio dello scosceso sentiero che si ferma al nostro fianco un pulmino rosso tipo famiglia Bradford, ma molto più rumoroso. Qualcuno deve aver ascoltato le mie preghiere.. è la navetta che porta gli sventurati alla chiesetta di Khaftoun e da lì alle macchine. Un angelo travestito da giovane e sudato ragazzo libanese. Dopo essersi districato abilmente, ma non senza grattare le marce e inchiodare più volte, tra le macchine parcheggiate su entrambi i lati, iniziamo la discesa. Arrivati alla Chiesa sembra fare anche più caldo, sempre che sia possibile. Infatti non capisco come Padre Abdo riesca sopportare l’aggiunta della sua veste nera alla camicia. Mi chiedo se sia di un tessuto che nonostante nero rifletta il sole, o se sia equipaggiata di meccanismi refrigeranti a me sconosciuti. Chiederò al diretto interessato, anche se conosco già la risposta che mi darà..

Pére Abdo entra in chiesa, io e Elham, di credo musulmano sciita, rimaniamo fuori dalla chiesa. Pur essendo all’ombra il caldo non passa. Se l’udito non ci tradisce – e mi chiedo se esistono, come i miraggi per la vista, illusioni uditive causate dal caldo eccessivo - sentiamo il rumore di acqua corrente, un ruscello forse.. Lo seguiamo e presto ci troviamo ad immergere le mani in questo piccolo, ma ricco torrente che costeggia la chiesetta.

Ci sediamo, ci rinfreschiamo mentre Elham mi racconta della guerra del 2006 vissute in prima persona. È in quel periodo che ha conosciuto Padre Abdo, che ha dato accoglienza a lei e alla sua famiglia rifugiatasi in seguito al conflitto.

Mi parla di ciò che c’era, i fiori che lei adora, e che non c’è più. Piano piano stanno ricostruendo tutto a Khiam, nel sud est al confine con Israele. Elham è insegnante di filosofia e psicologia alle superiori e nei mesi estivi ama trascorrere il tempo nel sud, nonostante sia un po’ pericoloso. “Se uno deve vivere con la paura allora non ha senso vivere” mi spiega “Ci si fa l’abitudine e si va avanti”.

Pazzesco. Rimango ad ascoltare non credo potrei trovare delle parole per commentare le atrocità della guerra. Mi ritengo fortunata di non avere avuto esperienze dirette.

Mi dice che venerdì sarebbe felice di avere Padre Abdo e me a pranzo a Khiam con tutta la famiglia. Ne sarò felicissima.

La messa finisce e alla ricerca di Padre Abdo ci imbattiamo in diverse suore completamente coperte in nero.. e i miei dubbi in merito al tessuto refrigerante trovano nuove potenziali conferme.

Trovato il nostro Padre preferito aspettiamo in vano la navetta che parte e torna carica di gente. Va bene, questa volta si fa a piedi. Avrei fatto cambio del ritorno con l’andata, ma non mi è stato chiesto.

I primi passi sono sempre i più semplici. Dopo i primi dieci non parlo più e non è questione di discrezione o di una qualche spirituale adorazione del silenzio.

E proprio quando Elham si ferma per fare una piccola pausa per prendere fiato, una macchina si ferma e un nuovo angelo, questa volta travestito da libanese barbuto di mezza età, ci chiede se vogliamo un passaggio fino alla macchina. Inutile che io vi dica come siamo arrivati al nostro veicolo refrigerato.

 

In macchina leggo po’ di quello che la mia guida dice di quei posti. Batroun, il Festival di cui avevo visto, in effetti, i manifesti mentre chiedevamo la strada all’andata.. ma soprattutto LA LIMONATA. Ed è qui che credo si aver scatenato la sete dei miei compagni di viaggio che decidono sia giusto che l’italiana di Milano assaggi la famosa limonata di Batroun!

Per arrivare alla limonata abbiamo visto un po’ di Batroun, molto carina, siamo stati a 3 metri di altezza dal mare con il fortissimo desiderio di tuffarci e sul palco del Festival mentre sfacevano le prove per la serata. Uno splendido borgo mi verrebbe da dire, anche se credo sia molto più grande.

La limonata si rivela molto dolce, ma comunque fresca e piacevole. In attesa della limonata Padre Abdo fa un giro nella chiesa di fronte al bar e ci trova due italiani, i primi due dal mio arrivo. Sono di Roma, accompagnati da una guida del posto. Si parla della percezione della situazione libanese in Italia: è capitato anche a me quando ho detto che sarei stata in Libano. Il primo pensiero è la guerra.

Il nostro compito (mio e dei romani) secondo Padre Abdo dovrebbe essere proprio quello di promuovere il ritorno del turismo italiano in Libano. Nel nostro piccolo credo lo faremo sicuramente.

 

Torniamo in macchina. Stanchi ma soddisfatti, io in particolare, ma credo anche i miei due compagni di viaggio che non avevano mai visto Batroun ne tanto meno assaggiato la sua dolcissima limonata!

E un po’ come quando non si vorrebbe mai che la giornata finisse arriviamo a Beirut. Prendiamo un falafel, una specie di piadina con dentro di tutto: verdura, salse, ceci, fave.. UNA BOMBA! Elham ci ospita in casa sua, mangiamo il falafel, gustiamo una caffè, parliamo e verso le 11 salutiamo e ringraziamo per l’ospitalità.

Bella giornata. Ottima compagnia. Una nuova persona che vorrei festeggiasse con me, Padre Abdo e Nawal il mio compleanno.

 

Distrutta, non confusa, e felice vado a letto. Bonne nuit. Y

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17 août 2009 1 17 /08 /août /2009 09:21

Lunedì 10 agosto

La sveglia alle 7:30 mi trova non particolarmente pronta. La colazione in compagnia di Monsignore Qais Sadiq, Nawal e Padre Abdo è “knafi”: una specie di pane “arabo”, forse più simile alla nostra spianata, farcito con formaggio zuccherato. Un inizio piuttosto energico, insomma.

 

Anche oggi approfitterò del programma previsto da GNRC e mi accoderò al fantastico gruppo. Prima breve tappa, il Castello Moussa: realizzazione dei desideri del signor Moussa, che da bambino venne picchiato dal maestro per aver espresso il sogno di vivere in un castello e tributo a una donna di nome Saideh, che lo avrebbe sposato solo se abbastanza ricco.

In realtà sembra una costruzione in stile Gardaland, con ponte levatoio e statue di cera meccanizzate che riproducono la vita tradizionale libanese e la scena in cui il maestro lo picchia per tarpare i suoi sogni. Maestro che non ha vissuto abbastanza a lungo per vedere come i sogni di qualsiasi bambino possano avverarsi.

Un po’ kitsch, ma divertente quando una volta finito il giro, il mitico signor Moussa ci accoglie per un caffé e canta per noi dandoci il benvenuto nel suo castello.

 

Seconda tappa: Moukhtara, capitale della regione dei Monti Chouf. In particolare un incontro con la curatrice di un Centro Sociale per adolescenti per presentare il progetto GNRC e confrontarsi con i ragazzi del paese. Il gruppo guidato da Monsignore Qais Sadiq spiega di cosa si tratta il programma, i ragazzi sono sempre molto attivi, partecipativi e desiderosi di un confronto anche con i ragazzi del posto, che inizialmente si mostrano un po’ restii. È molto bello vedere come le nuove generazioni siano aperte, propositive e attente, al contrario di quanto spesso viene espresso dal banale e generalistico senso comune.

 

Moukhtara è anche la residenza della famiglia Jumblatt, il cui palazzo in pietra risalente al XIX secolo domina la città e diventa la nostra terza tappa della giornata. Tre edifici, un giardino con cascate e piscina ornamentale e un hammam. Questa la maison di Walid Jumblatt, leader dei drusi – religione emanazione dell’Islam sciita caratterizzata da segretezza e chiusura verso altri credo – e della sua famiglia. Un giro veloce e una pausa nel salone pieno di ritratti di famiglia, anticipano la nostra partenza per St. Sauveur, dove i ragazzi prepareranno le valigie per la partenza l’indomani verso Marjayoun. Martedì e mercoledì visiteranno il sud e visiteranno la base dell’UNIFIL.

 

Prima della partenza ci porta in una biblioteca nel paesino di Joun. Qui incontriamo diversi ragazzi e dopo il rito di accoglienza (bevanda e dolce) si parla di GNRC, di ciò che fanno loro per la comunità. Di ciò che fa Père Abdo con e per i bambini a Saint Sauveur e al Foyer de l’Amitié e ciò che viene fatto anche in Italia.

Segue una breve visita a ciò che è rimasto della casa di Lady Hester Stanhope, eccentrica avventuriera inglese di stirpe reale, stabilitasi a Joun dopo aver intrapreso un viaggio nel Medio Oriente. Padre Abdo vorrebbe avviare un progetto per la ricostruzione di questa struttura da dedicare a un centro culturale.

 

È stato molto piacevole essere la “grande mascotte” del gruppo, nonostante spesso la lingua araba fosse un impedimento.

Partiranno domani e nell’indecisione sul seguirli o meno per i prossimi due giorni, penso al ruolo che potranno avere in futuro questi ragazzi.

Auguro a tutti loro di tenere questi incontri, questa esperienza come base per la loro vita così che ciò che hanno ascoltato e le persone che hanno incontrato possano rivivere nei loro racconti e nella loro attività nella direzione di “Learning to leave together“. Bonne chance.

 

Shukran a tutti i ragazzi, in particolare al mio traduttore preferito, e a Monsignore Qais Sadiq per la pazienza e la generosità.

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14 août 2009 5 14 /08 /août /2009 08:36

Domenica 9 agosto

Sveglia eccezionalmente alle 9:00 (con intervalli di qualche minuto, dovuti a zanzare e altro, alle 6:30 e alle 7:30).

La colazione è sostanziosa e più salata della tipica colazione italiana a base di cappuccio e brioche. Questa mattina è accompagnata dalle voci e dalla presenza di un gruppo di ragazzi dai 9 ai 18 anni appartenenti a un campo estivo proveniente dalla Giordania e seguiti da Monsignore Qais Sadiq. La loro settimana in Libano e molte altre attività fanno parte del programma “Global Network of Religions for Children” (www.gnrc.net) promosso da Unicef e UNESCO in tutto il mondo (Italia compresa).

 

Finita la colazione mi aspetta la prima escursione: Padre Abdo dirà una messa nei pressi di Mokhtara, capoluogo di provincia della regione di Chouf. Curiosa lo seguo con entusiasmo.

La messa è in commemorazione di una persona mancata un anno fa. A questo proposito Padre Abdo usa un’espressione che ho trovato molto bella: “l’anniversario della sua andata in cielo”. Credo che rispetto a “anniversario dalla morte” sia un modo più luminoso di vedere un aspetto della vita.

Una messa diversa, quasi tutta cantata, senza lunghi monologhi. Pére Abdo in parte dona le spalle ai fedeli. Quando si gira dedica le parole ai loro occhi. Guarda le persone. Parla con loro. Fa domande e loro rispondono, persino i bambini, cosa un po’ insolita almeno per la mia scarsa esperienza. All’uscita della messa danno dei piccoli pan brioche ai presenti.

 

Il villaggio in cui si celebra la messa è molto carino: roccia chiara (molto utilizzata in Libano) e piccoli ruscelli lo circondano. Faccio un giro con la mia nuova amica Nawal, la ragazza che si occupa della segreteria del centro e che essendo di riposo ha deciso di accompagnarci. Parliamo di lei, della sua famiglia del paese in cui vive (Jezzine). È davvero gentilissima, molto premurosa e affettuosa.

 

Il Libano mi si rivela molto più credente di quanto mi aspettassi. Una fede composta da diversi credo religiosi. Nel paese dei cedri convivono molte confessioni: musulmana e cristiana le più grandi, che a loro volta si distinguono in diverse chiese o ispirazioni.

“Il Libano è un paese credente, ma non per questo praticante” mi risponde P. Abdo. Infatti sembra che vi sia una fede molto forte anche dovuta al fatto che religione e politica siano spesso la stessa cosa - Hezbollah e Partito di Dio, schieramenti dell’8 e del 14 marzo. Chi sposa un determinato credo vota infatti il partito di riferimento. Nel momento in cui si parla di partecipazione alla vita religiosa i numeri si rivelano ben diversi.

 

La guida sportiva e a tratti spericolata, ma sempre molto apprezzata dalla sottoscritta, di P. Abdo ci riporta al centro dove faccio il primo giro delle aule della scuola, dei dormitori e delle stanze delle insegnanti con Nawal. La visita ci prende un’oretta, ma abbiamo visto solo la metà di tutto quello che c’è da vedere.

 

Nel pomeriggio ci aspetta una visita molto interessante, prevista all’interno del programma del gruppo GNRC e alla quale ci siamo aggregati: la visita in uno dei campi di profughi palestinesi presenti in Libano. Diversi dai “territori palestinese” in Israele, in cui coloro che vi risiedono hanno almeno diritto di proprietà sulla terra in cui vivono.

 

Un gran numero di rifugiati palestinesi, in particolare appartenenti alla media borghesia, è riuscito a integrarsi nella società libanese. Tuttavia decine di migliaia di queste persone sono state accolte nei campi profughi allestiti e gestiti dall’UNRWA (United Nation Relief Works Agency). I profughi palestinesi in Libano hanno poche opportunità di riscatto. Secondo le leggi del paese, non possono svolgere professioni che richiedono l’adesione a un albo professionale (medicina e ingegneria sono un esempio). Sono in buona parte esclusi dal diritto di proprietà e hanno accesso limitato ai servizi pubblici quali l’assistenza sanitaria, l’istruzione e altre forme di sostegno sociale.

 

Ci sono diversi campi profughi palestinesi in Libano, in cui la popolazione si è prima rifugiata in seguito al conflitto e poi vi è rimasta quasi rinchiuso, sicuramente emarginato.

Nel campo in cui andremo (Ai nel Heloui) è più difficile entrare, probabilmente perché ci sono armamenti (mi spiega Padre Abdo), infatti abbiamo dovuto inviare le copie dei nostri passaporti per avere il permesso a visitarlo.

Una volta arrivati ci fermano al posto di blocco all’ingresso del campo e ci chiedono di non fare foto. Parcheggiato il pulmino che portava l’allegra e animata compagnia di più di 20 ragazzi ci dirigiamo verso una struttura che si rivela essere una scuola/centro sociale nominata Zaitouna Nanum creata grazie al contributo dalla Korea. La Direttrice Zainab ci accoglie con un grande sorriso. Ci sediamo tutti in cerchio e ci offrono, come da abitudine locale, da bere e un dolce, mentre Zainab ci illustra la nascita del centro e le attività promosse al suo interno.

Mi devo avvalere di un ottimo traduttore (Padre Abdo) perché qui, come in tutto il Libano, si parla soprattutto l’arabo, prima lingua seguita dal francese e dall’inglese.

 

Interviene Omar, il Direttore dell’Associazione dei Rifugiati all’interno del Campo di Ai nel Heloui. In questo come in tutti i campi in cui i palestinesi sono relegati, la persona non ha alcun diritto: di proprietà, di lavorare o di studiare. Alla domanda “Non potete nemmeno creare una vostra attività” rispondono “Quale attività può sopravvivere in un contesto relegato e chiuso al mondo esterno? Si tratta di piccoli negozi che spesso non riescono nemmeno a sopravvivere e chiudono”.

In questo campo vivono in 80.000 e quando chiedo a Omar in che modo fanno valere i loro diritti, se hanno un rappresentante all’interno del Governo e come si rapportano con le istituzioni, mi risponde “Il Governo se dialoga con noi è perché ci vede come un problema non come una popolazione con la quale è giusto integrarsi. Fino a quando saremo visti come pericolo, come un rischio per coloro che si avvicinano non potrà esserci alcun reale e costruttivo dialogo. La gente pensa che i campi dei palestinesi siano dei posti pericolosi dai quali non si esce vivi. Il fatto che voi siate qui è una testimonianza che non c’è alcun motivo di aver paura”.

 

È un momento che fa pensare e riflettere. Che vede i ragazzi coinvolti e partecipi con domande per capire meglio come si svolgono anche le cose più banali all’interno del campo.

L’intento di GNRC e del progetto “Learning to leave together”, è proprio quello di stimolare e incoraggiare la conoscenza tra popoli diversi per tradizione, cultura, ma non per questo da considerare minacce o pericolo.

È importante vedere nella diversità la ricchezza che uno scambio può dare ad entrambe le parti. Sempre. Ad ogni livello: personale, locale, nazionale, mondiale.

 

Al ritorno prima di tornare al Centro St. Sauveur, visitiamo la Chiesa di Notre Dame Mannara nella cittadina di Maghdushi.

Alla cena segue una camminata verso un paesino di nome Mohtecra, dove prendiamo un gelato e i ragazzi cantano in arabo le canzoni della famosa e leggendaria cantante libanese Fairouz. Tra loro la piccola grande chanteuse di nome Rahaf si esibisce come sempre divinamente.

 

Chiudo la serata facendo tappa ad una festa organizzata da Hezbollah, il partito di Dio. Inizialmente nel dubbio di poter partecipare (le donne non sono ammesse solitamente) Padre Abdo mi avvisa che è una festa aperta e che se voglia posso andare. Non rifiuto mai.

Ai miei occhi una tipica festa popolare con il gruppo locale di turno che canta musica libanese. Il pubblico seduto ad ascoltare, sventolare bandiere del partito e incitare il cantante, chiedendo specifiche canzoni. A destra le donne, quasi tutte vestite per lasciare scoperto solo viso e mani, e a sinistra gli uomini.

 

Rifletto. Penso al ruolo della donna. Alla scelta reale o alla costrizione. È sicuramente un tema che merita un approfondimento dedicato e necessita di maggiore conoscenza. Lo rimando al prossimo futuro.

Intanto, torniamo al Centro dopo aver gustato un bicchiere di freschissimo tout: succo roseo ricavato dai frutti di un albero di cui non conosco il nome.

 

La sensazione è quella di essere qui da molti giorni. Questo è solo il primo: intenso, importante. Con questo pensiero raggiungo il mio letto e punto la sveglia alle 7:30. Buona notte.

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12 août 2009 3 12 /08 /août /2009 16:24

Sabato 8 Agosto


Le 11 ore all'aeroporto di Bucarest, in cui infilo un piccolo tour della città, sono il primo passo verso Beirut. Il secondo e ultimo arriva con il volo delle 23:30.
Mi addormento e mi accorgo delle due ore passate solo quando l'hostess mi consegna la scheda da compilare, utile per la richiesta del visto alla dogana di Beirut.

Sono in Libano nel ruolo di volontaria per la "Fondazione Aiutare i Bambini". Sarò in Libano per 3 settimane e in questo tempo avrò modo di conoscere Padre Abdo, partner locale di AIB, e i bambini ai quali il Convento e il Foyer de l'Amitié offrono accoglienza e istruzione scolastica, anche grazie agli aiuti e alle adozioni a distanza promosse da AIB in Italia. Sarà anche l'occasione per visitare le due strutture e un paese che ho iniziato a conoscere solo qualche mese fa.. quando ho iniziato ad interessarmi ai programmi di volontariato internazionale presso AIB.


Arrivo a Beirut alle 2 del mattino. Padre Abdo si presenta puntualissimo e insieme a Padre Frate Soel Souheil partiamo in direzione Joun, Chouf - Saida (Sidone in arabo). Una guida agile e sportiva, sprezzante delle macchine che sorpassano a destra e sinistra senza alcun preavviso, ci permette di arrivare in circa 40 minuti al Convento di San Sauveur.

Cenni storici e tipologia di intervento. Il Centro Sociale S. Sauveur, appartenente all’ordine basiliano salvatoriano, è situato su una pianura ai cui lati la vallata è dominata da alberi d’ulivi, pini, rocce e gruppi di case spesso abbandonate o distrutte. Si trova a circa 6 km a est di Joun, un villaggio in mezzo agli uliveti che sorge una quindicina di chilometri a nord-est di Sidone (Saida in arabo) sopra il fiume Nahr al-Awal. Il centro sociale San Sauveur è la vecchia scuola del Monastero del Santissimo Salvatore, che ospitava il seminario minore, ancora oggi uniti in un unico comprensorio. Il Monastero, di confessione religiosa dei greci cattolici melchiti, è stato costruito nel XVIII secolo (1711) e, dopo il terremoto del 1956, è stato oggetto di continue ricostruzioni dovute alle continue guerre susseguitesi ad oggi.

Dal 1983 in poi, quando Israele si ritirò dalla zona, alcune milizie druse e mussulmane, iniziarono una serie di saccheggi e di devastazioni radendo al suolo i villaggi cristiani della zona costringendo molte delle comunità a rifugiarsi verso nord, nei pressi di Beirut. Da allora molte abitazioni non sono state nemmeno ricostruite altre invece occupate dagli stessi Drusi e mussulmani, ancora oggi presenti nel territorio.

Il 1985 fu l’anno della devastazione totale della zona. I cristiani sono stati vittime di massacri e quelli rimasti si sono rifugiati. Il convento stesso venne abbandonato dai religiosi e divenne zona militare.

Nel 1990, diversamente dalle aspettative e per incoraggiare il ritorno dei rifugiati dalla guerra civile viene restaurato il monastero secondo le possibilità, si riapre il seminario minore e si realizza il centro di formazione tecnica e scuola. Servizi ai quali si aggiunge il centro di accoglienza.

L’ultimo episodio armato risale alla guerra Israelo-libanese del 2006 che ha inflitto un nuovo colpo alla popolazione del luogo che oggi versa in drammatiche condizioni economiche e sociali e in uno stato di assoluto degrado. L’evidente stallo politico in cui il Libano versava ha frenato il processo di riforme indispensabile per lo sviluppo economico e sociale del paese e contribuisce a mantenere e a peggiorare la già difficile situazione socio-economica del luogo.

Le elezioni del 2009 hanno eletto a Presidente Saad al-Hariri e da questa svolta ci si aspetta che le cose possano cambiare. Saint Sauveur comprende una casa di accoglienza e una scuola che offre educazione dalle elementari alle superiori. Le due tipologie di intervento, accoglienza e educazione, vengono previste per bambini che presentano casi sociali particolarmente difficili, oltre che per minori seminaristi. Viene garantita l’istruzione scolastica ai bambini non abbienti che vivono con la famiglia e vengono proposte attività diurne ricreative e didattiche ai bambini della zona, ai quali talvolta vengono distribuiti aiuti.

 

St. Sauver è immenso. Se si pensa alla sua storia, a ciò che è passato intorno, sopra, diventa ancora più grande.

È caldo. Nelle sfumature di luce e nella temperatura. Accogliente.

Alle 3 Padre Abdo mi indica la camera e si congeda. Bene.

Da lì a 6 ore mi sarei svegliata dovuta svegliare (per oggi sveglia alle 9:00).
Quindi doccia, denti e a dormire.

 

Sono in Libano. Un po’ stanca, ma pronta per aprire tutti i sensi, sesto compreso, a questa terra e alle persone che mi accompagneranno nel viaggio. SHUKRAN.

Ylenia, Milano (Italia).

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29 juillet 2009 3 29 /07 /juillet /2009 21:21
http://www.aliwaa.com/default.aspx?NewsID=143464
تفقدت وسفيرة ألمانيا <المخيم الشبابي اللبناني الفلسطيني> واستقبلت وفوداً
بهية الحريري: لدى الشعب الفلسطيني اصرار على عدم ضياع قضيته وحقه
الأربعاء 29 تموز  2009 
صيدا سامر زعيتر: قامت وزيرة التربية والتعليم العالي بهية الحريري بزيارة لـ <مدرسة دير المخلص> في جون الشوف، حيث تفقدت بحضور سفيرة ألمانيا في لبنان بيريجيتا سيفكار ايبيرلي <المخيم الصيفي المشترك الثالث للشباب اللبناني والفلسطيني>، والذي تنظمه <مؤسسة الحريري للتنمية البشرية المستدامة> بالتعاون مع <المنظمة الفلسطينية لحقوق الإنسان> و<جمعية الشباب الفلسطيني - لاجىء> ضمن اطار فعاليات احياء <القدس عاصمة للثقافة العربية للعام 2009> وتحت عنوان <قضية وهوية>، والذي انطلق الثلاثاء بمشاركة شبابية لبنانية وفلسطينية، ويستمر حتى الثاني من آب المقبل.
وكان في استقبالها رئيس <مدرسة دير المخلص> الأب عبدو رعد ورئيس <دار العناية> الأرشمندريت نقولا صغبيني والمشرفان على المخيم نبيل بواب ووفاء بطرس بحضور رئيس <المنظمة الفلسطينية لحقوق الإنسان> غسان عبد الله وممثل <جمعية لاجىء> عمر النداف.
وبعد جولة على أرجاء المخيم، شاركت الوزيرة الحريري والسفيرة الألمانية في لقاء حواري مع الشباب المشاركين.
ونوّهت <بالتجربة الناجحة للمخيم الشبابي على مدى العامين الماضيين، الذي ساهم الى حد كبير في اعادة بناء جسور التواصل والثقة بين الشباب اللبناني والفلسطيني وأزال الكثير من الهواجس والأمور الملتبسة بين الشعبين، وفتح حواراً مباشراً بين الشباب>.  

وقالت: إن تجربة الحوار اللبناني الفلسطيني كانت ناجحة جداً وكان لها دور في مواكبة ودعم صمود الشعب الفلسطيني إبان الحرب على غزة، كما أنه عزز تمسك الشعب الفلسطيني في لبنان بحقه في العودة ودعم اللبنانيين له في هذا الحق، ونعتبر أن الذي سيغير الصورة هو أنتم الجيل الجديد لأن الجيل الجديد لديه هواجس لا تختلف بين منطقة وأخرى وبين جنسية وأخرى، الكل يحكي بالبطالة والحريات والمواطنة وبحق الإنسان أن يعيش في وطن، وأن تكون حقوقه محفوظة فكيف بالشعب الفلسطيني الذي لغاية هذه اللحظة لا زلنا مختلفين على الوطن، لكن المواطن موجود.
ورأت <أن المجتمع الدولي جدي هذه المرة في عملية الحلول التي توصل الى الحقوق، لكن هذا لا يكفي، لا يكفي أن لا نواكب هذه الجدية في الحركة الدولية والدبلوماسية التي نراها تتنقل بين الحين والآخر، وتأخذ مرة عنواناً فرنسياً ومرة بريطانياً ومرة أميركياً وروسياً، والكل يدخل على خط حل هذه القضية، نحن يتوجب علينا التماسك والتضامن وعدم فقدان الأمل وتمسكنا بحق العودة وبرفض التوطين والتهجير، نحن يجب أن نستفيد من أن القدس هذا العام هي عاصمة الثقافة العربية>..
وقالت: المشكلة التي نعاني منها هي أن هناك جهة واحدة تخاطب المجتمع الدولي هي اسرائيل.. القدس لن تكون في يوم من الأيام حكراً على جهة دون الأخرى.. المهم أن نكتب تاريخنا بأيدينا لا أن نترك الآخرين يكتبونه.
وبعد لوحة فنية من التراثين الشعبيين اللبناني والفلسطيني، جالت الوزيرة الحريري والسفيرة الألمانية على أنشطة المخيم الشبابي وانضم إليهما لاحقاً وزير الشؤون الإجتماعية ماريو عون على مائدة الغداء.
وكانت السفيرة الألمانية ايبيريل دشنت بعض التجهيزات التي قدمتها المانيا لمطبخ وهي بقيمة 12 الف يورو لصالح مدرسة ومؤسسة دير المخلص الإكليريكية الصغرى في دير المخلص جون بحضور فعاليات سياسية وروحية.
وكان في استقبالها رئيس المدرسة الأب عبدو رعد الذي اطلعها على معالم المدرسة التاريخية وعلى النشاطات المتنوعة التي تقوم بها كمؤسسة اجتماعية.
وفي كلمة ترحيبية بالسفيرة الألمانية شكر الأب عبدو رعد المانيا على تقديماتها ممثلة بهذه التجهيزات المطبخية التي أشار الى أنها تتيح طهي طعام صحي، وأن ذلك سيتيح اقامة مشروع تعاون ما بين المزارعين وبينهم عن طريق الإستعانة بمنتجاتهم وطهيها وتوزيعها على المؤسسات الإجتماعية والصحية.
وأبدت السفيرة الألمانية بدورها اعجابها بما يختزنه دير المخلص من تراث روحي وانساني ومكان للقاء والتواصل والتفاعل بين الثقافات المختلفة والذي يمثل المخيم اللبناني الفلسطيني الذي يستضيفه أحد وجوهه>.
وقالت: قدمنا لهذا المركز تجهيزات مطبخية متطورة لمطبخهم والذي سيكون لأجل متابعة وخدمة عملهم الإجتماعي والمشاريع التي تقوم بها المدرسة وهي جزء من برامج الدعم التي تقدمها ألمانيا في العديد من المجالات في مختلف المناطق اللبنانية، وأتمنى لهم كل النجاح في ذلك.
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15 juillet 2009 3 15 /07 /juillet /2009 08:56

السبت 20 حزيران 2009

لمناسبة نهاية العام الدراسيّ وبداية فصل الصيف، نظمت المدرسة عشاءً قرويّا يعود ريعه للمساعدات المدرسيّة ودعم الرّعاية الاجتماعية. وقد ألقى الأب عبدو رعد كلمةً افتتاحيّة رحّب فيها بالحضور الذي بلغَ عدده حوالى 1300 شخص، وحثهم على ضرورة التعاون والتواصل مع هذه المؤسسة المعطاءة وقد شبّه الحفل ببستان خير. شارك العديد من الفعاليّات السياسية: السيّد ناصيف القزّي ممثّلا دولة الرّئيس العماد ميشال عون، الأستاذ محمّد الشريف ممثلا معالي الوزيرة بهيّة الحريري، المختار سمير عيسى ممثّلا معالي الوزير النّائب وليد جنبلاط، السيد طوني أنطونيوس ممثلا معالي الوزير النائب نعمة طعمة، السيّد جهاد حمادة ممثّلا معالي الوزير النّائب مروان حمادة، رئيس بلديّة جون الدكتور روجيه الجاويش، رئيس بلديّة كرخا السيّد جان نخلة، الدكتور يونس شبلي ممثّلا بلديّة مزبود، السيد اياد زرزور ممثّلا رئيس بلديّة شحيم الرائد محمد منصور.

كما قرأ الأب رعد برقية من دولة الرئيس فؤاد السنيورة، ونقل سلاما من المطران إيلي حداد.

حضر كذلك عدد من آباء الرهبنة المخلصيّة والأخوات، لجنة الأهل، الهيئتين الإداريّة والتّعليميّة، الطلاب وذويهم وحشد كبير من أهالي قرى أقليم الخروب، صيدا، بيروت والبقاع... وعدد من المغتربين ليكون بذلك لقاء جامعاً بكلّ ما للكلمة من معنى. وقد أحيا هذا الحفل المطرب سمير حنا وفرقته، المطرب ضاهر سليم، المطربة اليانور، والمطرب شيران. وقد أضفوا جميعًا جوّا من الفرح والسعادة بين الحضور. كما تخلل السهرة سحب تومبولا على الكثير من الجوائز.

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