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9 décembre 2009 3 09 /12 /décembre /2009 23:19

Mercoledì 26 agosto

 

Sana Helua Ya Gamil

Sana Helua Ya Gamil

Sana Helua Ylenia (sostituibile con habibi: amore/tesoro)

Sana Helua Ya Gamil

 

Tanti Auguri in arabo!! Un asso nella manica per i compleanni delle persone care ;)

Per chi non lo avesse capito adoro festeggiare, qualsiasi cosa.. dal primo all’ultimo esame, dal nuovo comodino alla partenza per le vacanze.

Potete immaginare il giorno del compleanno. Solitamente i festeggiamenti partono alla mezzanotte del giorno prima e durano almeno per un paio di settimane, questo anche grazie al fatto che li compio a fine agosto, periodo in cui tutti sono sparsi in diverse parti del globo a godersi le vacanze.

 

Sono 31. Non mi spaventano. Soprattutto considerando che nel mio caso l’età anagrafica non corrisponde esattamente a quella reale.. fortunatamente. Credo.

 

Oggi è previsto l’arrivo di alcuni dei bambini ospitati nel Centro di Saint Sauveur nel corso dell’anno. Sono felice del loro arrivo.. e un po’ emozionata, preoccupata per ciò che sarò chiamata a fare.

Nonostante io lavori per i bambini il mio rapporto con i più piccoli parte sempre con molta calma, circospezione, discrezione e rispetto. Il mio essere estroversa muta inspiegabilmente quando si tratta di dialogare con i bambini.

Puntualmente sono loro a mostrarmi che è sempre tutto più semplice e naturale di quello che sembra. Più piccoli sono e più questa abilità in loro è spiccata. Hanno una sorta di talento, che molti a mio parere perdono con il tempo. Io per prima.

 

Oggi non mi punto la sveglia. L’abitudine in casa Danini il giorno del compleanno mio e di mio fratello è che il festeggiato o la festeggiata non devono fare niente, non hanno obblighi, sono in poche parole il re e la regina della giornata. Una bella e sana abitudine, che abbiamo cercato, non in vano, di trasferire anche ai nostri genitori.

 

Mi sveglio incomprensibilmente alle 7. Mi riaddormento.

Alle 10 mi sveglia una telefonata di Nawal: dice che c’è una persona dall’Italia che vuole vedermi. Inizia a battermi il cuore. Penso alla mia sis’, impossibile. A altre persone care che potevano trovarsi nei paraggi, no mi veniva in mente nessuno. Infatti si trattava semplicemente di un ragazzo di Milano tre che stava visitando insieme a un’amica drusa il convento e, saputo che c’era un’italiana, ha chiesto di poterla incontrare.

Era da poco a Beirut. Aveva affittato una macchina e avrebbe girato da solo il Libano per le due settimane successivo. Bravo!

 Les-seminarists_low.jpg

Mentre chiacchieriamo si avvicina Padre Rabih e mi chiede la cortesia di raggiungerlo per fare una chiacchierata con i seminaristi in merito ai costumi e le abitudini italiane.

Finisco la chiacchierata e entro nella classe dove stanno facendo lezione i ragazzi. Vengo accolta con un “Bonjour Mademoiselle”. Che imbarazzo.

Inizia il giro di tavolo. Ognuno parla di sé, del motivo per cui è lì, dei pensieri in merito al seminario. La maggior parte ha già frequentato il seminario l’anno precedente e lo sceglie come modo per capire cosa desidera fare nel proprio futuro. Hanno tra i 14 e i 17 anni, sono molto simpatici e curiosi in merito al rapporto uomo-donna in Italia, molto diverso e più libero rispetto a ciò che dettano i costumi e le tradizioni in Libano, ma anche in alcune parti d’Italia.

Alla fine della piacevolissima chiacchiera alcuni di loro mi lasciano un disegno: quasi tutti rappresentano croci e simboli religiosi. Molto strano, diverso da ciò che mi sarei aspettata.

 

Arrivano i bambini. Conosco Rita, la persona che segue il gruppo al Foyer de l’Amitié. Parliamo dei bambini, le chiedo le loro storie, la loro età (dai 6 ai 13 anni), le sue esperienze al Foyer dove lavora da 17 anni. Mi racconta di quanto Padre Abdo abbia fatto per la struttura, per i bambini ospitati.

 

Si pranza e iniziano le prime chiacchiere con i bambini. Sono molto curiosi e alcuni davvero simpatici. Le piccoline sono dolcissime. Miriam, la più piccola mi colpisce subito per la sua pacatezza, il suo modo di parlare calmo e cadenzato.

 

Finito il pranzo lascio Rita con Abuna Abdo e esco nel piazzale sul retro dove i Padri organizzano una serie di giochi d’acqua per e con i bambini e i seminaristi. Sono un grande e bel gruppo.

Padre Abdo ci raggiunge e mi informa che Rita dovrà tornare a casa perché sua madre è finita al pronto soccorso dopo una caduta. Niente di grave ma è costretta a tornare e a detta di Abuna, a lasciare i bambini sotto la mia responsabilità. Questa frase, questo compito mi irrigidiscono e ho una reazione poco tranquilla con Padre Abdo che si rende conto della mia preoccupazione e mi rassicura dicendomi che ci saranno anche i Padri al mio fianco. Mi sento meglio e mi rendo conto di quanto quest’uomo ogni giorno mi riservi sorprese e piccoli grandi sfide. Grazie.

 

Mi faccio coinvolgere nei giochi e mi becco anch’io la mia dose d’acqua: per l’esattezza sono costretta a cambiarmi considerando che ogni tipo di indumento indossato era completamente bagnato.

Torno mentre i ragazzi si sfidano in una partita a basket. Si distinguono Jessy, una ragazzina molto carina e super sportiva, e Nicolas, un ragazzino che ricorda molto il tipico galletto del gruppo.

 

Miriam mi si avvicina. Parla solo arabo arricchito ogni tanto da un paio di mots francais. È davvero dolcissima, cerchiamo di comunicare anche a gesti, si appoggia a me e si lascia abbracciare.

Ogni tanto mi chiedo se sentirò mai un desiderio di maternità e in questi momenti penso che sì, arriverà. Le faccio le trecce e lo stesso fa Nawal con i miei capelli. Siamo un trio perfetto.

 

Il cielo inizia a perdere i toni accesi del tramonto e veniamo chiamati per la cena.

Mentre siamo a tavola Botros, il mio cuoco preferito, mi chiama. C’è una persona al telefono per me.

La mia sis’. Mi manca, come sempre. Quando sono lontana e vivo posti, persone, emozioni nuove, mi viene sempre in mente lei. Ho condiviso così tanto con lei negli ultimi anni che è automatico voler condividere anche questi momenti, queste persone. Parliamo per quasi un’ora: un bellissimo regalo di compleanno.

Si cena e poi mi preparo per la sera. In realtà faccio ben poco. Penso ai dolci che ho preso il giorno prima. Abuna Abdo si è occupato del bere.

 

La serata è un escalation di emozioni. I giochi con i gavettoni gonfiati personalmente con l’aiuto di Lara e Nawal, creano colore alla serataMon anniversaire low di danze, regali, discorsi e auguri alla festeggiata che non manca di interrompere i suoi ringraziamenti a tutti presenti con i singhiozzi e il pianto.

 

Ma la serata non finisce con la festa, alla quale partecipano tutte le persone care conosciute fino a quel giorno, tranne Elham che all’ultimo non è potuta venire.

Abuna Abdo ha in serbo per me una nuova lezione: passare la notte nel dormitorio per badare ai bambini e ragazzi. Affiancata da Nawal, un vero carabiniere, passa la prima mezz’ora. Momento in cui approfitto per dare l’abbraccio della buona notte alla piccola dolce Miriam.

Mi raggiunge Odha che per sua fortuna dopo qualche minuto si addormenta. Le due ore seguenti sono costellate di miei richiami e suppliche ai ragazzi che ormai non badano nemmeno al fatto che sono presente e che vorrei dormire considerando che la notte seguente ho il volo per l’Italia.

Alle 2 di notte mi alzo. Dispiaciutissima di doverla svegliare e soprattutto di doverla lasciare sola, avviso Odha che vado a dormire nella mia stanza. Una piccola sconfitta, senza dubbio ho ancora molto da imparare.

 

È stata una bellissima festa, con tanto di teatro, spumante, desiderio espresso mentre spegnevo le mie 31 candeline.

Ringrazio tutti per avermi regalato tempo, sorrisi, ascolto, disegni, pensieri.

Ringrazio Padre Abdo per avermi accolto come fossi parte della famiglia da sempre.

Partirò senza alcun dubbio molto più ricca di quando sono arrivata. SHUKRAN.

 

Giovedì 27 agosto

Mi sveglio con il mal di testa. Ottimo.

È il mio ultimo giorno in Libano. In programma la visita alla riserva dei Cedri nel Monte Chouf, ne sono felicissima! Anche se non so esattamente come mi rapporterò con i ragazzini che mi hanno fatto passare la notte insonne.

A volte penso di non essere abbastanza matura per rapportarmi con loro. La mia parte materna non è ancora abbastanza sviluppata per rispondere nel modo corretto alla loro parte bambina. Dev’essere questo il mio ostacolo.

 

Partiamo in direzione riserva, in compagnia di Padre Michael, ragazzo 29enne con la passione per la cultura Les cedres loworientale e amatissimo da tutti i bambini per la sua perfetta imitazione di Paperino.

Passiamo il viaggio a chiacchierare del suo desiderio di viaggiare e conoscere l’Oriente, grande passione coltivata anche attraverso lo studio delle lingue orientali.

 

Arrivati alla riserva ci si prende tutti per mano e si fa un piccolo tour. Si scatta qualche foto. Mi rendo conto che i più casinisti sono distrutti, dormono sul pulmino, sono taciturni. Mi viene da sorridere. Sono stata così anch’io. Ieri sera l’ho dimenticato.

Dalla riserva partiamo in direzione Valle della Bekaa dove riporteremo i bambini alle loro famiglie.

Torniamo a Saint Sauveur. Ritrovo in cucina Padre Abdo, Odha, Enham e le mie due sorelle libanesi, Lara e Nawal. Chiacchieriamo, ci prendiamo in giro, ridiamo. Che bello.

 

Il vento. Le mie riflessioni. La doccia. La valigia.

Saluto le donne del Centro. Saluto il timido e generoso Padre Soheil.

Salgo in macchina con Padre Abdo. Sono le 17:00 e conosco solo la direzione finale: aeroporto per il volo delle 4 del mattino. Mi sfugge il programma che anticiperà quel momento.

 

Qualche indizio lo ricevo una volta in viaggio. Passeremo da due amiche sorelle di Abuna Abdo e poi vedremo sua sorella.

 

Questo si traduce nella visita di queste due donne meravigliose: sorelle, estroverse, spumeggianti, simpatiche, amanti dei viaggi che fanno sempre insieme come molte altre cose.

Spero di frequentarle la prossima volta che sarò in Libano.

 

Vengono con noi, ma non so ancora dove. Penso di trovare la risposta quando arriviamo in casa della sorella maggiore di Padre Abdo. Ma mi sbaglio. Siamo lì e ci muoviamo solo quando arrivano le due nipoti di Abuna, che studiano a Beirut ma che verranno con noi dalla sorella minore di Padre Abdo, che immagino viva alla fine dei mille tornanti e dell’ora e mezza passata in macchina con una meravigliosa ciurma di sole ladies: Padre Abdo come sempre beato fra le donne!

 

In questo viaggio prendo il mio unico vero spavento. Vedo una 4x4 praticamente entrarmi sul fianco, lancio un urlo, ma come si può facilmente immaginare sono l’unica ad essere preoccupata.

Ho quasi sentito il rumore del cofano di questo SUV mentre entrava nella portiera alla quale ero appoggiata e la reazione dei miei compagni di viaggio è stata un’unica frase “cosa vuoi farci è il Libano, non sanno guidare”.

 

Arriviamo a casa della sorella minore e del cognato di Padre Abdo. Ci offrono una cena meravigliosa, infinita,La famille de Abuna Abdo deliziosa. Tento di trattenermi considerando che mi aspetta l’aereo in nottata. Le nipoti, il nipote appena rientrato dagli States, le due sorelle, la madre di Abuna e la sua famiglia sono meravigliosi. Una fortuna conoscerli, ridere e parlare con loro.

Ormai riesco anche a capire qualcosa di arabo quindi quando non parlano francese o inglese riesco a non perdere il filo. Viva!

 

Un dolce delizioso acquistato dalle due spumeggianti sorelle, una tisana digestiva e l’arghilè chiudono la splendida serata in loro compagnia e anticipano il mio ultimo viaggio libanese in compagnia di Padre Abdo. Direzione aeroporto.

Dopo aver lasciato le due sorelle e i nipoti nelle rispettive case nella capitale rimaniamo in macchina io e Abuna. Cerco di tirare le fila di questo periodo. Di capire cosa ne pensa delle mie tre settimane lì, come valuta questa esperienza, me. È positivo e pacato. Vengono fuori tanti progetti: turismo solidale, progetti per ong italiane e l’idea che il mio periodo è stato di volontariato ibrido, diciamo un volontariato-turistico.

Gli parlo delle mie sensazioni e del mio desiderio di tornare.

 

Arriviamo in aeroporto. Un abbraccio anticipa l’arrivederci e le sue raccomandazioni. Mi mancherà un sacco. Mi manca già.

 

Entro in aeroporto un’ora in anticipo. Inizio ad informarmi e nessuno sa darmi indicazioni del gate o della zona check-in per i voli TAROM. Chiedo persino alla commessa di un negozio. Niente. Quasi disperata sto per salutarla e un ragazzo mi spiega che devo recarmi a qualsiasi dei check-in, ma che mi accompagna. Lo ringrazio e gli dico che non voglio disturbarlo, se può solo dirmi dove andare. Forse ci rimane un po’ male, ma mi dice dove andare. Seguo il consiglio e me lo ritrovo dietro in coda. Lo ringrazio e ci separiamo dopo poco.

Raggiungo la mia fila e presto sono sul volo che mi porterà in Romania, aeroporto e gente poco ospitale. Mi chiedono di aspettare al trasfer senza spiegarmi ne come ne perché. Dopo una buona mezz’ora arriva l’hostess Alitalia che mi spiega il misunderstanding e mi fa fare il transfer.

Saluto Bucarest e mi addormento sul volo per Linate.

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