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14 août 2009 5 14 /08 /août /2009 08:36

Domenica 9 agosto

Sveglia eccezionalmente alle 9:00 (con intervalli di qualche minuto, dovuti a zanzare e altro, alle 6:30 e alle 7:30).

La colazione è sostanziosa e più salata della tipica colazione italiana a base di cappuccio e brioche. Questa mattina è accompagnata dalle voci e dalla presenza di un gruppo di ragazzi dai 9 ai 18 anni appartenenti a un campo estivo proveniente dalla Giordania e seguiti da Monsignore Qais Sadiq. La loro settimana in Libano e molte altre attività fanno parte del programma “Global Network of Religions for Children” (www.gnrc.net) promosso da Unicef e UNESCO in tutto il mondo (Italia compresa).

 

Finita la colazione mi aspetta la prima escursione: Padre Abdo dirà una messa nei pressi di Mokhtara, capoluogo di provincia della regione di Chouf. Curiosa lo seguo con entusiasmo.

La messa è in commemorazione di una persona mancata un anno fa. A questo proposito Padre Abdo usa un’espressione che ho trovato molto bella: “l’anniversario della sua andata in cielo”. Credo che rispetto a “anniversario dalla morte” sia un modo più luminoso di vedere un aspetto della vita.

Una messa diversa, quasi tutta cantata, senza lunghi monologhi. Pére Abdo in parte dona le spalle ai fedeli. Quando si gira dedica le parole ai loro occhi. Guarda le persone. Parla con loro. Fa domande e loro rispondono, persino i bambini, cosa un po’ insolita almeno per la mia scarsa esperienza. All’uscita della messa danno dei piccoli pan brioche ai presenti.

 

Il villaggio in cui si celebra la messa è molto carino: roccia chiara (molto utilizzata in Libano) e piccoli ruscelli lo circondano. Faccio un giro con la mia nuova amica Nawal, la ragazza che si occupa della segreteria del centro e che essendo di riposo ha deciso di accompagnarci. Parliamo di lei, della sua famiglia del paese in cui vive (Jezzine). È davvero gentilissima, molto premurosa e affettuosa.

 

Il Libano mi si rivela molto più credente di quanto mi aspettassi. Una fede composta da diversi credo religiosi. Nel paese dei cedri convivono molte confessioni: musulmana e cristiana le più grandi, che a loro volta si distinguono in diverse chiese o ispirazioni.

“Il Libano è un paese credente, ma non per questo praticante” mi risponde P. Abdo. Infatti sembra che vi sia una fede molto forte anche dovuta al fatto che religione e politica siano spesso la stessa cosa - Hezbollah e Partito di Dio, schieramenti dell’8 e del 14 marzo. Chi sposa un determinato credo vota infatti il partito di riferimento. Nel momento in cui si parla di partecipazione alla vita religiosa i numeri si rivelano ben diversi.

 

La guida sportiva e a tratti spericolata, ma sempre molto apprezzata dalla sottoscritta, di P. Abdo ci riporta al centro dove faccio il primo giro delle aule della scuola, dei dormitori e delle stanze delle insegnanti con Nawal. La visita ci prende un’oretta, ma abbiamo visto solo la metà di tutto quello che c’è da vedere.

 

Nel pomeriggio ci aspetta una visita molto interessante, prevista all’interno del programma del gruppo GNRC e alla quale ci siamo aggregati: la visita in uno dei campi di profughi palestinesi presenti in Libano. Diversi dai “territori palestinese” in Israele, in cui coloro che vi risiedono hanno almeno diritto di proprietà sulla terra in cui vivono.

 

Un gran numero di rifugiati palestinesi, in particolare appartenenti alla media borghesia, è riuscito a integrarsi nella società libanese. Tuttavia decine di migliaia di queste persone sono state accolte nei campi profughi allestiti e gestiti dall’UNRWA (United Nation Relief Works Agency). I profughi palestinesi in Libano hanno poche opportunità di riscatto. Secondo le leggi del paese, non possono svolgere professioni che richiedono l’adesione a un albo professionale (medicina e ingegneria sono un esempio). Sono in buona parte esclusi dal diritto di proprietà e hanno accesso limitato ai servizi pubblici quali l’assistenza sanitaria, l’istruzione e altre forme di sostegno sociale.

 

Ci sono diversi campi profughi palestinesi in Libano, in cui la popolazione si è prima rifugiata in seguito al conflitto e poi vi è rimasta quasi rinchiuso, sicuramente emarginato.

Nel campo in cui andremo (Ai nel Heloui) è più difficile entrare, probabilmente perché ci sono armamenti (mi spiega Padre Abdo), infatti abbiamo dovuto inviare le copie dei nostri passaporti per avere il permesso a visitarlo.

Una volta arrivati ci fermano al posto di blocco all’ingresso del campo e ci chiedono di non fare foto. Parcheggiato il pulmino che portava l’allegra e animata compagnia di più di 20 ragazzi ci dirigiamo verso una struttura che si rivela essere una scuola/centro sociale nominata Zaitouna Nanum creata grazie al contributo dalla Korea. La Direttrice Zainab ci accoglie con un grande sorriso. Ci sediamo tutti in cerchio e ci offrono, come da abitudine locale, da bere e un dolce, mentre Zainab ci illustra la nascita del centro e le attività promosse al suo interno.

Mi devo avvalere di un ottimo traduttore (Padre Abdo) perché qui, come in tutto il Libano, si parla soprattutto l’arabo, prima lingua seguita dal francese e dall’inglese.

 

Interviene Omar, il Direttore dell’Associazione dei Rifugiati all’interno del Campo di Ai nel Heloui. In questo come in tutti i campi in cui i palestinesi sono relegati, la persona non ha alcun diritto: di proprietà, di lavorare o di studiare. Alla domanda “Non potete nemmeno creare una vostra attività” rispondono “Quale attività può sopravvivere in un contesto relegato e chiuso al mondo esterno? Si tratta di piccoli negozi che spesso non riescono nemmeno a sopravvivere e chiudono”.

In questo campo vivono in 80.000 e quando chiedo a Omar in che modo fanno valere i loro diritti, se hanno un rappresentante all’interno del Governo e come si rapportano con le istituzioni, mi risponde “Il Governo se dialoga con noi è perché ci vede come un problema non come una popolazione con la quale è giusto integrarsi. Fino a quando saremo visti come pericolo, come un rischio per coloro che si avvicinano non potrà esserci alcun reale e costruttivo dialogo. La gente pensa che i campi dei palestinesi siano dei posti pericolosi dai quali non si esce vivi. Il fatto che voi siate qui è una testimonianza che non c’è alcun motivo di aver paura”.

 

È un momento che fa pensare e riflettere. Che vede i ragazzi coinvolti e partecipi con domande per capire meglio come si svolgono anche le cose più banali all’interno del campo.

L’intento di GNRC e del progetto “Learning to leave together”, è proprio quello di stimolare e incoraggiare la conoscenza tra popoli diversi per tradizione, cultura, ma non per questo da considerare minacce o pericolo.

È importante vedere nella diversità la ricchezza che uno scambio può dare ad entrambe le parti. Sempre. Ad ogni livello: personale, locale, nazionale, mondiale.

 

Al ritorno prima di tornare al Centro St. Sauveur, visitiamo la Chiesa di Notre Dame Mannara nella cittadina di Maghdushi.

Alla cena segue una camminata verso un paesino di nome Mohtecra, dove prendiamo un gelato e i ragazzi cantano in arabo le canzoni della famosa e leggendaria cantante libanese Fairouz. Tra loro la piccola grande chanteuse di nome Rahaf si esibisce come sempre divinamente.

 

Chiudo la serata facendo tappa ad una festa organizzata da Hezbollah, il partito di Dio. Inizialmente nel dubbio di poter partecipare (le donne non sono ammesse solitamente) Padre Abdo mi avvisa che è una festa aperta e che se voglia posso andare. Non rifiuto mai.

Ai miei occhi una tipica festa popolare con il gruppo locale di turno che canta musica libanese. Il pubblico seduto ad ascoltare, sventolare bandiere del partito e incitare il cantante, chiedendo specifiche canzoni. A destra le donne, quasi tutte vestite per lasciare scoperto solo viso e mani, e a sinistra gli uomini.

 

Rifletto. Penso al ruolo della donna. Alla scelta reale o alla costrizione. È sicuramente un tema che merita un approfondimento dedicato e necessita di maggiore conoscenza. Lo rimando al prossimo futuro.

Intanto, torniamo al Centro dopo aver gustato un bicchiere di freschissimo tout: succo roseo ricavato dai frutti di un albero di cui non conosco il nome.

 

La sensazione è quella di essere qui da molti giorni. Questo è solo il primo: intenso, importante. Con questo pensiero raggiungo il mio letto e punto la sveglia alle 7:30. Buona notte.

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